Jerry Lewis (1926-2017)

“Guardo il mondo attraverso gli occhi di un bambino perché ho 9 anni. Sono rimasto a quel modo. Ne ho fatto una carriera. Ed è una bellissima situazione in cui trovarsi”. Così il comico, attore e regista Jerry Lewis, scomparso ieri all’età di 91 anni, si raccontava in un’intervista a Reuters, spiegando in un altro passaggio e in modo ancor più netto la comicità che lo ha reso celebre: “ho avuto un grande successo facendo l’idiota totale”. Smorfie, pantomime, occhi che si incrociano, ampi gesti frenetici, la comicità di Lewis ha segnato la storia del cinema, seppur spesso criticata dai suoi compatrioti americani.

Nato Joseph Levitch, Lewis “era il clown ebreo di punta del cinema americano. La sua innovativa comprensione del mezzo cinematografico assicurò che la sua identità (ebraica) fosse parte inevitabile della sua celebrità degli Stati Uniti”, spiega Benjmamin Ivry sul Forward. Lewis, dirà il suo biografo Shawn Levy, non aveva bisogno di ricordare al pubblico il suo ebraismo, perché la sua essenza e l’atmosfera che lo circondava erano impregnate della cultura Yiddish. I genitori di Lewis erano infatti due ebrei emigrati dalla Russia in una delle realtà più ebraiche d’America (almeno durante lo scorso secolo): Newark, nel New Jersey, ovvero il luogo reso celebre dai romanzi di Philip Roth.
A passare a Lewis l’anima artistica imbevuta di Yiddishkeit, furono entrambi genitori: la madre era infatti una pianista mentre il padre un cantante e attore di vaudeville, genere teatrale in cui si mettevano in scena commedie leggere. “A causa del lavoro dei genitori Lewis dovette cambiare spesso scuola, per seguirli da una città all’altra. – ricorda il Post – In quegli anni ebbe molti problemi: a 13 anni causò, non è ben chiaro né come né perché, un’esplosione durante una lezione di chimica. Al preside che lo rimproverò con quella che Lewis disse essere stata un’osservazione antisemita, Lewis rispose con un pugno”. A New York, lavorando come maschera teatrale, incominciò a farsi notare, improvvisando sketch durante gli intervalli degli spettacoli. A causa di un timpano perforato saltò la guerra e intanto fece esperienza nella cosiddetta Borsht Belt, l’area di resort nella zona dei monti Catskill, luogo di villeggiatura preferito dagli ebrei di New York: il borsht, minestra di barbabietola tipica dei paesi dell’Est Europa, era sempre servito in questi alberghi ed era identificato dagli americani come elemento tipico degli ebrei ashkenaziti tanto da diventare – non senza un tono di derisione – un sinonimo per identificarli. In questo ambiente profondamente ebraico, Lewis allenava la sua comicità fino al 1946 quando avviò la collaborazione che gli aprì la strada del successo: quella con il cantante italo americano Dean Martin. Un sodalizio durato 10 anni poi conclusosi nel 1956 quando Lewis e Martin si separarono, “soprattutto – spiega il Post – perché la casa di produzione dei loro film, la Paramount Pictures, si accorse, facendolo notare a Lewis, che gran parte del successo era dovuta a lui più che a Martin e che quindi Lewis poteva esistere e “funzionare” da solo. E così fu. Uno dei primi e più apprezzati ruoli del Lewis “solista” fu quello in Il cenerentolo, una sorta di Cenerentola al contrario, diretto Frank Tashlin e uscito nel 1960.
Tanti furono i film di successo in cui Lewis recitò oppure diresse: in totale furono 46 (tra questi, Ragazzo tuttofare, L’idolo delle donne, Il mattatore di Hollywood, Jerry 8¾ e Le folli notti del dottor Jerryll). Alcuni però furono dei veri e propri flop come The Day the Clown Cried, una sorta di rifacimento di La vita è bella di Benigni, definito poi dallo stesso comico – che l’aveva ideato e diretto – come un insuccesso. Come non molto favorevoli furono le sue uscite pubbliche: Lewis era noto per il suo caratteraccio e più volte fu al centro di polemiche per affermazioni sessiste o omofobe. Uscite che una parte del pubblico americano non gli ha mai perdonato. D’altra parte da ricordare come il grande comico abbia avuto il merito di far nascere la campagna di raccolta fondi per la ricerca sulla distrofia muscolare, raccogliendo 2 miliardi di dollari in mezzo secolo di impegno.
Parlando di Lewis il grande regista e critico cinematografico francese Jean-Luc Godard scrisse che era l’unico regista statunitense che cercava “di sperimentare qualcosa di nuovo e originale nei propri film” e spiegò che secondo lui era “molto meglio di Chaplin e Keaton”. Lewis disse invece di considerare Chaplin e Stan Laurel (lo Stanlio di Stanlio e Ollio) i migliori comici della storia del cinema.

(21 agosto 2017)