Periscopio – Antieroine
Le donne, com’è noto, hanno sempre occupato una posizione essenziale nella storia del popolo ebraico, e il loro ruolo centrale – nella famiglia e nella società – è stato ed è ampiamente elogiato nelle Sacre Scritture: i Padri di Israele, com’è noto, sono tre – Abramo, Isacco e Giacobbe – mentre le Madri sono quattro – Sara, Rebecca, Lea e Rachele. E le figure di Ester, Rut, Noemi, Susanna, Debora, della madre dei Maccabei ecc. sono, da sempre, elette a modelli di eroismo, abnegazione, virtù e spirito di sacrificio. Eppure, credo che, nonostante tutto, anche le donne d’Israele, come tutte le donne del mondo, vantino ancora un immenso credito nei confronti della società degli uomini, che tanto a lungo le ha relegate in posizioni di soggezione e marginalità. Una vera storia delle donne d’Israele non credo che sia ancora stata scritta. O meglio, per essere più precisi: è forse stata scritta la storia delle eroine d’Israele, non quella delle antieroine, che meriterebbero anche loro di essere ricordate.
Queste considerazioni mi sono venute alla mente leggendo il numero di agosto del mensile Pagine Ebraiche, dove sono riportate due storie di grande interesse, che non conoscevo. La prima è la commovente leggenda yiddish, riferita da Delphine Horvilleur (a proposito della grande donna ebrea Simone Veil), che narra di come, un giorno, le donne del mondo avrebbero deciso di inviare la più saggia e abile di loro in missione presso l’Altissimo, per chiedere che ponesse fine alle loro ingiustizie. Fu scelta una donna di particolare intelligenza e abilità oratoria, di nome Skotzel, che fu fatta salire sulla cima di una piramide umana di donne, sistemate l’una sulle spalle dell’altra, in modo che la negoziatrice potesse arrivare fino al Signore. Purtroppo la piramide crollò, e le donne caddero tutte in terra. Skotzel, però, non fu trovata, per cui si crede che sia effettivamente arrivata dal Signore, presso il quale sarebbe rimasta, e dove sarebbe tuttora impegnata nella lunga e difficile trattativa.
Credo che Skotzel non rappresenti solo le istanze delle eroine, delle sante, delle donne celebrate e venerate, ma anche quelle delle donne comuni, delle peccatrici, delle antieroine. Una delle quali, credo, è ricordata in un documento di grande interesse, anch’esso citato nel menzionato numero di Pagine Ebraiche: un testo, redatto nel XII secolo, in arabo-giudaico, proveniente dall’antica Comunità ebraica egiziana di Fustat (la vecchia Cairo), e oggi custodito, presso la Biblioteca universitaria di Cambridge, all’interno della Taylor-Schechter Cairo Genizah Collection, la raccolta di manoscritti ebraici medievali (ben 193.000 pezzi) più grande e importante del mondo. Nel manoscritto si narra di come una ricca imprenditrice ebrea, di nome Karima, ebbe una relazione clandestina con un uomo sposato, tale Hassun di Ascalona. Una volta scoperto di essere rimasta incinta, Karima si preoccupò che l’uomo potesse sottrarsi alle sue responsabilità, negando la relazione. Per evitare, perciò, che il suo bambino nascesse senza un padre riconosciuto, si sarebbe volutamente fatta cogliere sul fatto, durante un incontro amoroso, da alcuni testimoni, che dichiararono poi pubblicamente quello che avevano visto. Suo figlio, così, ebbe un padre, ma la donna, a causa del suo comportamento scandaloso, fu scomunicata e cacciata dalla sinagoga.
La storia, come si vede, rappresenta, in un certo senso, l’opposto di quella, molto nota, di Susanna, narrata nell’appendice deuterocanonica greca del libro di Daniele, redatta verso l’anno 100 dell’era antica e ambientata nella Comunità ebraica di Babilonia. Susanna fu falsamente accusata di adulterio, da parte di due giudici libidinosi, che, per ricattarla e potere così abusare di lei, testimoniarono il falso, e solo l’intervento salvifico del giovane Daniele salvò la vittima innocente, ristabilendo la giustizia e portando alla condanna dei due empi falsi testimoni. Susanna era sempre restata fedele al marito e timorosa di Dio, e la sua fedeltà è un nobile esempio di onestà, devozione coniugale e ubbidienza alla Legge divina. Karima, invece, non solo praticò un’unione proibita, ma ebbe addirittura l’impudenza di mostrare pubblicamente il suo peccato, esibendolo davanti ad estranei, e per questo fu severamente biasimata e punita. Appare perciò, in un certo senso, come il contrario di Susanna. Ma non va dimenticato, secondo me, che agì per amore di suo figlio, per non privarlo del suo diritto di avere un padre. È proprio sicuro che abbia fatto male? Io non ne sarei tanto sicuro.
Voglio pensare, perciò, che Skotzel, nell’alto dei cieli, nella sua interminabile trattativa, stia ancora lavorando anche per lei. Anche perché Susanna, invece, già venerata e ammirata da tutti, non ha bisogno della sua intercessione.
Francesco Lucrezi
(23 agosto 2017)