Nucleare, la minaccia reale
Sulla prima del Corriere, Angelo Panebianco parla della minaccia nucleare portata da regimi totalitari. Esordisce l’illustre opinionista: “Si sa che lo Stato di Israele, anche se non lo ha mai ammesso ufficialmente, possiede l’arma atomica. Ma neppure i suoi più viscerali nemici pensano che Israele potrebbe lanciare ‘a freddo’ un attacco nucleare contro gli Stati (come l’Iran) che ogni giorno ne invocano la distruzione. Invece, il possesso di missili intercontinentali armati di testate atomiche da parte della Corea del Nord terrorizza tutti: gli americani, il Giappone, la Corea del Sud. Come mai? Ovviamente, questa disparità di atteggiamenti e di aspettative ha una spiegazione semplice, dipende dalla diversa natura dei due regimi politici. L’uno è una democrazia sottoposta a vincoli interni ed esterni: potrebbe ricorrere all’arma nucleare solo in presenza di una minaccia militare devastante, di un concreto rischio di annientamento da parte dei suoi nemici. Invece, le armi nucleari di un regime totalitario nel quale il dittatore è libero di fare quello che gli pare (i cinesi, almeno fino ad oggi, lo hanno permesso), fanno paura a prescindere”. Una spiegazione che dovrebbe risultare ovvia, banale. Ma non lo è. “Per lo meno – osserva Panebianco – non lo è per tanti europei”.
La speranza dei laburisti israeliani si chiama Avi Gabbay, manager miliardario di origine marocchina, con un passato di significativa povertà alle spalle. Al vincitore delle primarie interno al partito, svoltesi lo scorso luglio, Repubblica dedica oggi un ritratto. “La ricetta di Gabbay – scrive Repubblica – si riassume nella parola moderazione. Memore dell’esito fallimentare della strategia adottata sulla questione palestinese dai capi laburisti del passato, una strategia tutta incentrata sul negoziato di pace (a volte fine a se stesso), il nuovo candidato premier si dice favorevole alla formula dei Due Stati, ma nega la possibilità che Gerusalemme Est possa essere capitale anche di un futuro Stato Palestinese, il che echeggia, da sinistra, il dogma dell’unicità e indivisibilità della Città Santa-capitale d’Israele caro alla destra”.
“E se il segreto del successo fosse fallire? Se un business catastrofico diventasse un caso da studiare? Dietro app e progetti geniali si nascondo inciampi, più o meno grandi, che possono insegnare molto a chi scommette su nuove start-up. La lezione arriva da Tel Aviv, paradiso hi-tech sul Mediterraneo”. È quanto scrive la Stampa, raccontando l’approccio “catartico” della società israeliana nei confronti del fallimento. Negli ultimi anni sono nate iniziative singolari, che hanno avuto un ottimo riscontro, come serate in cui ciascuno racconta i propri errori e fiaschi. Serate che diventano poi, viene spiegato, un possibile trampolino “verso il successo”.
C’è chi le ha chiamate le nozze del secolo. Certamente, le più costose di sempre. C’è attesa in Puglia per il matrimonio (con rito ebraico e cui è attesa anche Ivanka Trump) della figlia del magnate statunitense Jeff Sutton, il più importante immobiliarista di New York.
Scrive il Corriere: “Grande attenzione per il menu, stampato su venti pagine in cui trovano posto carciofi alla giudia, triglie fritte e orecchiette con le rape. Al lavoro cuochi da tutto il mondo che lavoreranno seguendo rigorosamente le regole kosher”.
Contrariamente a quanto ritenuto in un primo momento, la scritta Dux sul Monte Giano, nel Lazio, è sopravvissuta agli incendi divampati in zona. Esulta il Tempo: “Le fiamme hanno sì deturpato gravemente la scritta ma non sono riuscite a rovinarla del tutto. Segno, questo, che il ricordo di Mussolini è riuscito a resistere anche alla ‘prova del fuoco’, la stessa che ogni estate costa un numero imprecisato di ettari del nostro patrimonio boschivo”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(28 agosto 2017)