Palermo e l’ebraismo che rinasce
È una donna il centro intorno al quale l’ebraismo di Palermo ha ripreso voce: Evelyne Aouate, ebrea francese nata in Algeria, ha vissuto l’esperienza dell’erranza che ha portato lei e la sua famiglia a Parigi. Cresciuta in una famiglia osservante, molto giovane, decide di restare in Sicilia dopo un viaggio. “Pensavo di essere l’unica ebrea a Palermo ma mi sbagliavo, anche se non c’era un’organizzazione di riferimento. Quando sono venuta a sapere di altre realtà ebraiche è stata una grande gioia per me. Casualmente, poi, è venuta a cercarmi Miriam Ancona, che aveva saputo da una mia cliente che sono ebrea e mi è venuta a trovare nel
mio negozio”.
Dopo tanti anni di attività lavorativa la decisione di interrompere, ed è proprio in questo momento che Evelyne comincia ad essere contattata da fuori Palermo: “Tre anni e mezzo fa ho deciso di smettere di lavorare e in quello stesso periodo sono stata contattata da rav Pierpaolo Pinhas Punturello, per organizzare un seminario per parlare di ebraismo. Era un campo sconosciuto, ma col sostegno di un amico libraio siamo riusciti e abbiamo visto che c’è grande curiosità di vedere, di sapere, di capire cosa è l’ebraismo. Alla fine del seminario rav Punturello ha proposto di accendere le luci di Chanukkah. Mi sembrava un progetto molto ambizioso ma abbiamo voluto provare lo stesso, abbiamo esposto l’idea all’università: avevamo proposto un giorno solo, ma il rettorato ha voluto l’accensione per tutti gli otto giorni della festa. È stato particolarmente emozionante perché erano le prigioni dell’Inquisizione. Da lì in poi si sono aperte le porte di tutte le istituzioni della città. Siamo stati accolti bene, non abbiamo mai avuto un no. Per questo Palermo è un po’ speciale, per il suo passato di accoglienze e dominazioni”. La luce di Chanukkah sembra avere illuminato il percorso che Evelyne ha intrapreso insieme agli altri ebrei di Palermo e con molti studiosi, curiosi, e con le personalità cattoliche locali. “Da allora abbiamo organizzato
tantissimi eventi culturali, con l’Istituto Siciliano di Studi Ebraici fondato nel 1992 dopo l’incontro con Miriam Ancona. Abbiamo iniziato con poche cose,
ma gli appuntamenti si sono presto moltiplicati, e siamo diventati un riferimento cittadino”. E al mondo cattolico Evelyne guarda con gratitudine perché anche grazie a quegli ambienti è stato possibile riscattare la presenza ebraica in città, e realizzare il desiderio e l’esigenza di una sinagoga, dove potersi trovare per studiare e per pregare: “Fondamentale è stato l’incontro con il vescovo Lorefice, un uomo capace di ascoltare, e abbiamo chiesto questo luogo anche per poter ricambiare l’ospitalità ricevuta nelle chiese e nelle moschee. Quando l’arcivescovo ha annunciato la donazione di Santa Maria del Sabato la chiesa dove si trovava è scoppiata in un applauso spontaneo, fragoroso, che è il segno di come la città abbia percepito il nostro voler fare parte della società e l’autenticità del nostro progetto”. L’attenzione e l’interesse per l’ebraismo siciliano è anche il riconoscimento della continuità con il passato: “C’è una volontà di ritornare a prima, 524 anni fa dopo una permanenza di 15 secoli, e prima dell’oblio. Molti mi chiedono se il loro nome ha origini ebraiche, molti sono affascinati, vogliono conoscere la Storia e le nostre storie”.
Evelyne non nasconde l’emozione, e lo stupore: “I miei fratelli dicono che forse dovevo proprio venire in Sicilia. Quando ho deciso di smettere di lavorare sono stata cercata da rav Punturello, quando siamo andati dal vescovo, è stata accettata subito la nostra richiesta. Noi non siamo numerosi, ma siamo una comunità che accoglie tutti gli ebrei del mondo, da Canada, Stati Uniti, Francia, dalla Svezia. È molto emozionante, anche se è difficile, stancante, ma ogni cosa che riesco a finire per me è una gioia. Una giornalista del New York Times mi ha consegnato una lettera di un signore ebreo americano, abbiamo smosso dei ricordi”. È un lavoro quotidiano, che impegna tutta la comunità. “Il mio obiettivo adesso – continua Evelyne – è arrivare a fondo al progetto della sinagoga, perché sarà anche un centro di studi ebraici. Ci vuole la buona volontà, ma anche denaro e noi speriamo che con le donazioni si possa riqualificare tutto il quartiere ebraico, fare riemergere la sua storia, con una presenza di 15 secoli. Abbiamo tanto da fare, abbiamo bisogno anche di una biblioteca dove poter studiare”. Per tutti questi anni la sua casa è stata un punto di incontro, un luogo dove accogliere tantissime persone diverse che sono arrivate a Palermo da tutto il mondo per viverci o anche solo in visita. “Il mio rapporto con l’ebraismo era soprattutto identitario, anche perché credevo di essere sola. La mia presa di coscienza, il mio senso di appartenenza, che non ho mai rinnegato, è cresciuto con la mia vita a Palermo, come un riscatto. Se non sai da dove vieni non sai dove stai andando. L’ebraismo, anche dove ci fossero solo due ebrei, può rinascere”.
Claudia Lo Iacono, Pagine Ebraiche, Dossier Sicilia ebraica
(31 agosto 2017)