Chi è in pericolo?
L’invito agli ebrei a lasciare l’Europa pronunciato dal rabbino capo di Barcellona a caldo subito dopo la strage non è certo il primo discorso di questo genere che ci sia accaduto di ascoltare (e occorre anche ricordare che il portavoce della comunità ebraica ha subito dichiarato il proprio disaccordo) ma merita comunque qualche riflessione perché è il sintomo di un mutamento radicale nella percezione che gli ebrei europei hanno di sé e del mondo che li circonda. Abbiamo passato decenni a parlare dei continui pericoli a cui sono sottoposti Israele e la sua popolazione, a descrivere un piccolo paese circondato da nemici che necessita del sostegno di tutti coloro che vivono sicuri nel tranquillo Occidente. Oggi invece tra gli ebrei si sta diffondendo l’idea che Israele sia un luogo più sicuro dell’Europa; e non solo per noi ebrei (che sappiamo di non essere davvero al sicuro in nessun luogo e in nessun tempo, e certamente non nell’Europa del XX e del XXI secolo), ma per gli europei in generale: in una percezione sempre più diffusa tra gli ebrei, Israele è più sicuro dell’Europa perché è più vigile di fronte al terrorismo e ha una lunga esperienza nell’affrontarlo.
Questo mutamento così radicale nella narrazione della realtà porta inevitabilmente i nostri discorsi ad apparire contraddittori. Israele è in pericolo e noi europei siamo tranquilli? Israele è tranquillo (perché si sa difendere) e noi europei siamo in pericolo? Queste due narrazioni sono vere entrambe, ma purtroppo rischiano di vanificarsi a vicenda: qualcuno certamente dirà che se il rabbino di Barcellona invita gli ebrei ad andare in Israele perché là sono più sicuri vuol dire che i sostenitori di Israele esagerano nel descrivere un Paese minacciato. Qualcun altro dirà che se gli ebrei europei continuano a ripetere che Israele è in pericolo vuol dire che invece loro si sentono tranquilli e dunque le preoccupazioni sull’antisemitismo o sul terrorismo in Europa sono esagerate. Certo, non è né possibile né auspicabile che gli ebrei dicano tutti la stessa cosa, e del resto i discorsi degli antisemiti sono e saranno sempre ben più contraddittori dei nostri. È chiaro comunque che il nostro modo di parlare in difesa di Israele deve cambiare, e in effetti sta cambiando. Abbiamo trascorso decenni a dire ai nostri amici e conoscenti: “tu non puoi capire cosa voglia dire vivere sotto la minaccia continua del terrorismo!” Oggi diciamo: “tu capisci benissimo cosa voglia dire vivere sotto la minaccia continua del terrorismo!” Può darsi che sia un discorso più efficace, ma è una ben magra consolazione.
Anna Segre, insegnante
(1 settembre 2017)