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Nella porzione biblica, che sarà letta nelle sinagoghe di tutto il mondo questa settimana, troviamo lapidario il divieto di violenza da parte di un soldato nei confronti della prigioniera di guerra. La Torà con un tono preciso e perentorio afferma: “Quando andrai alla guerra contro i tuoi nemici e l’Eterno, il tuo Dio, te li avrà dati nelle mani e tu avrai fatto de’ prigionieri, se vedrai tra i prigionieri un donna bella d’aspetto, e le porrai affezione e vorrai prendertela per moglie, la porterai in casa tua; ella si raderà il capo, si taglierà le unghie, si leverà il vestito che portava quando fu presa, dimorerà in casa tua, e piangerà suo padre e sua madre per un mese intero; poi entrerai da lei, e tu sarai suo marito, ed ella tua moglie.” Deuteronomio 21, 10-14.
La donna prigioniera di guerra che, suo malgrado si trova ad essere nelle mani del nemico, non è una preda, non è un sollazzo e se il soldato vuole che sia la sua compagna deve sposarla e deve darle il tempo di un percorso rituale che le ridoni la propria dignità di persona. Ovviamente non possiamo e dobbiamo giudicare questa norma con gli occhi di noi moderni ed acculturati cittadini protetti dal Diritto, dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e da tanta strada morale compiuta da tremila anni a questa parte, più o meno gli anni dell’esistenza della Torà. Forse queste parole possono essere straordinariamente moderne per il mediatore culturale Abid Jee di Crotone, ma di origini pakistane, che ha affermato che: “Lo stupro è un atto peggio ma solo all’inizio, una volta si entra il pisello poi la donna diventa calma e si gode come un rapporto sessuale normale”. Dopo aver letto questa dichiarazione le parole della Torà, nel loro essere contestualizzate a tremila anni fa, sono straordinariamente moderne e rivoluzionarie: la prigioniera non è una cosa tua, è una persona e come tale va trattata, pur nel suo status di donna presa in guerra. E sul rispetto della donna c’è poco da mediare culturalmente ed i tremila anni della Torà, certamente da contestualizzare in questo caso specifico, potrebbero essere un buon punto di partenza per Abid Jee.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(1 settembre 2017)