Redenzione…
“Non fare della tua preghiera un obbligo fisso (kevah) che tu espleti; ma che la preghiera sia per te un atto d’amore e una supplica (Rachamim VeTachanunim) davanti al D-o (Luogo, Makom) benedetto Egli sia”. Queste parole ci insegnano che l’uomo non deve pregare per i propri interessi, per i propri bisogni materiali, ma per D-o stesso, per la Shekhinah, la Presenza Divina, affinché sia liberata dalla Galut, dall’Esilio metafisico; e la redenzione della Shekhinah affretterà di conseguenza la liberazione dell’elemento divino racchiuso nell’anima umana. Da qui si impara che la Redenzione è un traguardo spirituale prima di tutto individuale di ogni ebreo, solo conseguentemente collettivo di tutto il popolo ebraico; si impara anche che la Redenzione è un obiettivo primariamente temporale (i Giorni del Messia), solo conseguentemente fisico-spaziale (ritorno in Terra di Israele). Per raggiungere questo obiettivo l’uomo è responsabile di se stesso e paradossalmente anche di D-o.
Paolo Sciunnach, rabbino
(4 settembre 2017)