Palermo, esilio e resilienza
L’esilio come elemento costante del popolo ebraico, non solo nella forma della diaspora ma anche come condizione esistenziale di chi è costretto a scoprirsi ogni giorno esule fra i suoi simili. A ricordarlo il direttore dell’area Cultura e Formazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane rav Roberto Della Rocca e l’assessore alla Cultura UCEI David Meghnagi nei loro applauditi interventi a Palazzo Steri a Palermo in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica. Protagonisti del convegno pomeridiano dedicato al tema della Giornata – Diaspora: identità e dialogo -, rav Della Rocca e Meghnagi hanno infatti sviluppato il significato dell’esilio all’interno della tradizione ebraica, parlandone sia come condizione di sofferenza e privazione sia come processo di costruzione identitaria attraverso la resilienza – espressa anche sotto forma di umorismo – e la ricerca della libertà.
Ad aprire il convegno – moderato da Luciana Pepi e in cui sono intervenuti anche Rita Calabrese, dell’Università di Palermo, e il ricercatore Nardo Bonomi Braveman – il saluto del vicepresidente UCEI Giulio Disegni, che, a proposito di riscoperta nell’esilio, ha ricordato la grande rinascita che sta vivendo la Palermo ebraica. “Proprio venerdì abbiamo siglato con l’arcivescovo di Palermo Corrado Orefice un documento di grande valore – ha spiegato Disegni, riferendosi alla firma della concessione da parte dell’arcivescovado dell’ex Oratorio di Santa Maria del Sabato, dove sorgerà la sinagoga della neonata sezione ebraica del capoluogo siciliano – Quel documento ha un significato profondo per l’ebraismo, in una terra da cui gli ebrei furono cacciati cinquecento anni fa”, e dove ora ricostruiscono nuovamente le proprie vite – come ricordato anche da rav Pierpaolo Pinhas Punturello nel messaggio di saluto letto da Pepi -. Una capacità, quella di costruire e ricostruire, propria dell’ebreo diasporico, ha ricordato Della Rocca. Il rav ha spiegato che “i momenti di dispersione consentono il ripopolarsi della terra e il suo innovamento. Persino l’esilio in Egitto è stata per gli ebrei una premessa positiva e indispensabile per rafforzare la propria identità di popolo”. Non vuol dire che questa dimensione non sia vissuta con sofferenza, anzi, sottolineava il rav, ricordando la cacciata degli ebrei dal regno spagnolo così come la Shoah ma anche il marranesimo: “un’immane catastrofe in cui ad essere in esilio erano le coscienze”. Ma questa condizione, ha spiegato il rav, chiede una risposta che gli ebrei, nel corso dei secoli, hanno sviluppato in quello che è diventato “un processo di formazione, una resistenza spirituale all’assimilazione”. Il mondo ebraico, ha aggiunto lo psicanalista David Meghnagi, “è consapevole della propria dimensione di esiliato. La sua forza è nella capacità di trasformare questa consapevolezza in qualcosa d’altro: l’esilio è sempre un atto di rinascita, un processo in cui si supera la perdita dolorosa di ciò che si è stati costretti a lasciare per andare avanti proiettarsi nel futuro”. Non solo, ha continuato lo psicanalista, è anche un monito costante rispetto alla libertà, “che non è un dato scontato. Bisogna saperla conquistare e riconquistare, come hanno fatto i nostri genitori durante la guerra”. E di un fenomeno interessante del dopoguerra, ha parlato Rita Calabrese, raccontando la dimensione della Berlino ebraica attraverso molti e apprezzati spunti letterari: la Capitale tedesca, ha ricordato la docente, ha vissuto una rinascita dopo la tragedia della Shoah con un ritorno degli ebrei in città, in particolare di israeliani. “Una diaspora dei singoli”, la definizione di Calabrese. Della lunga storia dell’ebraismo siciliano ha invece parlato Nardo Bonomi Braveman, che sta lavorando negli archivi dell’isola per ricostruirne la storia. La giornata palermitana si è poi conclusa con il “Viaggio musicale tra le culture ebraiche”, il partecipato concerto tenutosi sempre a Palazzo Steri.
d.r.