Graphic novel – «Gli scampati alla Shoah spariscono. Il nostro fumetto su Anne Frank serve»
Ari Folman e David Polonsky / ANNE FRANK – DIARIO / Einaudi
«Tremo che stia arrivando il momento in cui non ci saranno più scampati all’Olocausto, gli ultimi sopravvissuti stanno morendo e non avremo più testimoni in vita in grado di raccontare la storia. Il rischio è che l’Olocausto diventi una vecchia vicenda della quale ci si può dimenticare, quindi è importante trovare qualsiasi modo per preservare l’interesse, soprattutto delle nuove generazioni», dice Ari Folman, il regista israeliano (Valzer con Bashir, 2008) che ha curato la sceneggiatura del Diario di Anne Frank in versione fumetto. Il graphic diary che i115 settembre uscirà in 50 Paesi tra i quali l’Italia (per Einaudi), 70 anni dopo la prima pubblicazione del libro, è stato presentato ieri a Parigi dall’editore francese Calmann Lévy e dagli autori, ovvero Folman e il disegnatore israeliano David Polonsky (che già collaborò con Folman per i film di animazione Valzer con Bashir e The Congress), assieme al Anne Frank Fonds creato da Otto Frank, il padre di Anne e l’unico componente della famiglia a tornare dai campi di sterminio. Negli scorsi decenni ci sono stati molti adattamenti del Diario di Anne Frank, anche in Giappone con il linguaggio dei manga. Questa però è la prima versione a fumetti autorizzata dalla fondazione, secondo la quale «il libro nell’edizione definitiva curata da Mirjam Pressler resta l’opera di riferimento di Anne Frank, ci assicuriamo che resti disponibile in tutto il mondo in versione integrale, con buone traduzioni e a prezzi ragionevoli. Il diario grafico è pensato come un’introduzione o una lettura supplementare, è un’aggiunta rivolta a giovani lettori di tutto il mondo dai 12 anni in su o a chi è cresciuto con il diario e vuole oggi ripetere l’esperienza in un’altra forma». Una squadra di storici, archivisti e traduttori ha accompagnato il lavoro di Ari Folman e David Polonsky, che hanno rispettato fedelmente il racconto dei 743 giorni in cui Otto (il padre), Edith (la madre), Margot (la sorella maggiore di tre anni) e Anne vissero nascosti assieme ad altre quattro persone nella casa al numero 263 di Prinsengracht ad Amsterdam. Ovviamente il testo è molto ridotto rispetto all’originale. Alcune lettere di Anne a Kitty sono riprodotte integralmente in tavole a parte. Altri passaggi sono dilatati. Per esempio l’abilità del signor van Daan nel confezionare salsicce «nel libro sta in tre o quattro righe, noi l’abbiamo ampliata: tre pagine intere molto colorate e divertenti da guardare. Ma ci siamo attenuti in modo molto stretto al tono, all’atmosfera generale del Diario», dice Folman. Quando i due autori sono stati contattati dalla fondazione per pensare a un fumetto, entrambi hanno risposto «ovviamente no». «Avevo l’impressione — ha detto Ari Folman durante la presentazione — che tutto fosse già stato fatto e detto e poi mi pareva un’impresa gigantesca. Poi nel giro di una settimana ho cambiato idea, anche dopo avere parlato con mia madre di 95 anni e che adesso vive con l’obiettivo di arrivare a vedere anche il film d’animazione che uscirà tra circa un paio d’anni». David Polonsky dice di avere rifiutato sulle prime «perché tanti hanno già usato e strumentalizzato questa vicenda. Poi ho pensato che qualcuno avrebbe comunque accettato l’incarico, tanto valeva allora che fossi io, almeno avrei seguito i miei criteri e avrei cercato di farlo nel modo giusto, cercando di non diventare parte dell’industria dell’Olocausto (espressione che dà il titolo al contestato libro di Norman G. Finkelstein uscito nel 2000, ndr), cioè usare una storia per promuovere un’ideologia o giustificare cose terribili. Io ho cercato di raccontare la storia senza secondi fini ideologici».
Stefano Montefiori, Corriere del Sera, 8 settembre 2017