Orizzonti – Maledizione mediorientale: non c’è pace per la cultura

È come se il regista Ziad Doueiri, nel percorso che da Venezia lo ha portato a Beirut, avesse compiuto un vertiginoso viaggio nel tempo, all’indietro però. Un tuffo nel passato, dalla libertà dell’arte e della cultura che per il suo film The insult nella Mostra veneziana del cinema aveva appena premiato come miglior interprete maschile l’attore Kamel el Basha, al regime autoritario e arrogante del Libano, dove il regista è stato arrestato (e poi rilasciato) con l’accusa grottesca di «tradimento». Sembra una maledizione: non appena il cinema, i libri, l’arte in genere suscita l’illusione di un regno se non ideale, almeno passabilmente decente, in cui la persecuzione ideologica, la protervia bellicista, la discriminazione, la smania censoria siano messe da parte nel mondo della cultura, subito la realtà si incarica di riferirci che un regista apprezzato debba essere minacciato perché nella messa in opera di un film ha osato girare alcune scene nell’odiatissimo, vituperatissimo, scomunicatissimo Stato di Israele. II Libano avrebbe ben potuto gloriarsi del prestigioso riconoscimento veneziano, e infatti già nei vertici politici libanesi si era fatta strada di fare del film di Doueiri una bandiera nazionale per gli Oscar. Ma niente, ha prevalso l’istinto repressivo, la pulsione incoercibile alla guerra santa. Come se nella fornace del Medio Oriente non possa esserci mai pace, nemmeno una pace culturale, una tregua, un momento di respiro, e infatti un altro film premiato a Venezia, «Foxtrot», sta suscitando ardenti polemiche in Israele prima ancora di essere visto. Come se l’eccesso, la dismisura, la sproporzione di un fanatismo politico senza freni non potesse che agire così, arrestando all’alba un regista apprezzato nel mondo solo perché ha avuto l’imprudenza di oltrepassare un confine proibito. Una maledizione, appunto. Una tragedia politica che non conosce armistizi.

Pierluigi Battista, Corriere della Sera, 12 settembre 2017