VERSO ROSH HASHANAH – FOCUS SULL’ANNO Ebrei nel mondo, chi siamo?

Schermata 2017-09-07 alle 18.08.40Che cosa sappiamo del popolo ebraico alla vigilia del nuovo anno ebraico 5778? Nella vita di relazioni delle persone il numero di persone conosciute direttamente può essere molto grande ma non infinito. Diciamo che oggi uno può facilmente includere nella propria rete di facebook o di mail molte decine, a volte molte centinaia, e in casi più rari alcune migliaia di corrispondenti. Ma chi può dire di trovarsi veramente in relazione con l’intera nazione di cui fa parte? O nella fattispecie degli ebrei, chi può dire veramente di conoscere l’intero popolo ebraico? Il passaggio dalla percezione degli individui reali – pochi o molti – a quella del collettivo – parzialmente o nella sua totalità – è molto problematico. La percezione esatta delle quantità, poi, è particolarmente difficile. Basti pensare che occorrerebbero tre volte l’intero ebraismo italiano per riempire completamente gli spalti dello Stadio Olimpico a Roma o del Meazza a Milano. Il carattere fluido delle masse e l’anonimato della folla sfuggono anche ai più acuti osservatori della realtà sociale e comunitaria. Quando si parla di popolo ebraico e si cerca di definirne le caratteristiche, le linee di sviluppo, i punti di forza e di debolezza, se vi sono, è bene dunque non dimenticare che tutto quello che sappiamo per osservazione o esperienza diretta è comunque molto limitato. La gamma molto parziale di persone che conosciamo personalmente e sulla base delle quali possiamo cercare di formare dei giudizi collettivi, in definitiva non è necessariamente rappresentativa di altre realtà umane ben presenti e rilevanti. Stiamo dunque bene attenti con le generalizzazioni, altrui ma anche nostre, quando si parla degli “ebrei” o perfino della “comunità” ebraica. Se dunque l’aspetto individuale (o microsociale) consente giudizi alquanto limitati della situazione, l’aspetto collettivo (o macrosociale) consente di giungere a osservazioni e conclusioni più sistematiche e basate su premesse logiche meno soggettive. Ma va anche riconosciuto che all’aspetto collettivo manca quella finezza di giudizi e quel tocco di introspezione che deriva indubbiamente dal contatto personale con la realtà. Non esistono dunque formule perfette per captare pienamente una realtà complessa e multiforme come è quella dell’ebraismo contemporaneo. Riconosciuto questo, vediamo come si configura in questo momento la geografia del popolo ebraico, e vediamo di trarre alcune conclusioni sui significati possibili di questa distribuzione.
Schermata 2017-09-14 alle 15.58.21La tabella ripresa dal volume 2017 dell’American Jewish Year Book elenca i paesi del mondo con le 22 maggiori comunità ebraiche, le rispettive popolazioni ebraiche nucleo, l’aliquota di ebrei su 1000 abitanti nel paese, e la graduatoria dei paesi secondo l’Indice di Sviluppo Umano (Human Development Index) elaborato dalla Nazioni Unite. La popolazione ebraica nucleo è una stima del numero di persone che si definiscono ebrei o di origine ebraica e non hanno allo stesso tempo un’altra religione. È una definizione puramente empirica e operativa (e non rabbinica) che coglie une situazione di fatto che in grandissima parte – anche se non completamente – corrisponde alle definizioni rabbiniche (che peraltro hanno valore giuridico). Gli ebrei oggi sono molto concentrati in due paesi: Israele con 6.451.000 – il 44,5% del totale, e gli Stati Uniti con 5.700.000 – il 39,3%. In altri sette paesi vivono oltre 100.000 ebrei (nell’ordine Francia, Canada, Regno Unito, Argentina, Repubblica Russa, Germania e Australia): con l’eccezione della Russia tutti paesi occidentali. Questi sette paesi comprendono un totale di 1.722.000 ebrei che costituiscono l’11,9% del totale. Seguono altri 13 paesi con una popolazione ebraica di almeno 15.000, e un totale di 474.000 ebrei – il 3,3% del totale mondiale. Fra questi paesi c’è anche l’Italia che si piazza al diciassettesimo posto per ampiezza della sua comunità ebraica. Infine vi sono altri 164.000 ebrei dispersi in 76 paesi che costituiscono l’1,1% del totale mondiale. Fortissima dunque la concentrazione in pochi stati contrariamente a una configurazione passata molto più dispersa e con un numero molto maggiore di comunità medio- grandi. Sono tramontate in gran parte o del tutto le grandi comunità di un tempo in Europa orientale e nei paesi musulmani. Le aree dominanti oggi sono quelle di espressione inglese, a parte lo straordinario sviluppo di Israele che nell’ultimo decennio, dopo quasi duemila anni, è tornato ad essere la più grande comunità ebraica del mondo. La domanda che ci si può porre è se esista una qualche relazione fra il numero e la percentuale di ebrei in un paese, e lo sviluppo sociale di quel paese, e la nostra tabella dà in proposito una risposta molto chiara. Schermata 2017-09-14 alle 15.58.33Se guardiamo l’Indice di Sviluppo Umano, gli Stati Uniti ospitano la maggiore comunità della diaspora e sono classificati al 10° posto al mondo come qualità di vita; le comunità medio-grandi hanno un Indice medio di Sviluppo Umano attorno al 21° posto; le comunità medio-piccole hanno un Indice medio attorno al 49° posto; e le comunità piccolissime hanno un Indice medio attorno al 100° posto. Dunque esiste una chiara correlazione fra un migliore Indice di Sviluppo Umano e una popolazione ebraica più numerosa e densa. Le condizioni di vita esistenti in un paese fungono da magnete nelle migrazioni internazionali e – se non vi sono ostacoli alla libera circolazione delle persone fra i paesi – creano dei punti di attrazione o di repulsione che stimolano in misura significativa la geografia della popolazione ebraica. Ovviamente va tenuto conto delle condizioni storiche dei secoli precedenti che hanno determinato in profondità i punti di partenza dei mutamenti attuali, e ancora influenzano in misura non minore l’attuale configurazione globale. Notiamo in questo contesto il 26° posto dell’Italia nella classifica generale della qualità della vita: non un piazzamento brillantissimo. Un discorso a parte va fatto per Israele il cui 19° posto nella classifica dello sviluppo è dignitoso – anche se andrebbe molto migliorato. Certo il discorso su Israele non si esaurisce con una fredda disquisizione sullo sviluppo economico e sociale del paese. Le ragioni di essere dell’insediamento e i motivi dello sviluppo dello Stato ebraico hanno radici religiose, culturali e emotive ben più profonde. Su questo terreno, non meno che su quello della qualità di vita, si deciderà il futuro di Israele.

Sergio Della Pergola, Pagine Ebraiche, settembre 2017