Le donne e la pace
Le donne hanno una maggiore propensione alla pace? E hanno i mezzi per costringere gli uomini a smettere di fare la guerra e a trattare ad oltranza finché non trovano compromessi accettabili per tutti? Ne era convinto Aristofane, che nella sua commedia Lisistrata immagina che le donne di Atene, Sparta e delle altre città greche organizzino tutte insieme una sorta di sciopero del sesso per costringere i loro mariti a sedersi al tavolo delle trattative e porre fine alla guerra del Peloponneso. E ne sono convinte, circa 2500 anni dopo, le migliaia di donne israeliane e palestinesi del movimento Women Wage Peace – Nashim Osot Shalom (“Le donne fanno la pace”) – ebree, cristiane e musulmane, religiose e laiche, di destra, sinistra e centro – che dal 2014 organizzano incontri ed eventi per spingere i leader israeliani e palestinesi a “raggiungere un accordo politico per una soluzione del conflitto israelo-palestinese, che garantirà sicurezza a lungo termine”. In vista del nuovo anno ebraico e delle festività autunnali è in programma “La strada della pace”, una serie di eventi ai quattro angoli di Israele, da Sderot a Nazaret, da Jaffa e Gerusalemme, accompagnata da un manifesto congiunto che sarà presentato alla Knesset all’apertura della sessione invernale.
Nella commedia di Aristofane (che fu messa in scena mentre ancora la guerra del Peloponneso infuriava) le donne sono accusate di essere ingenue o conniventi con il nemico, con un linguaggio sorprendentemente simile a quello di oggi (allora non si parlava ancora di “odio di sé” ma per il resto i discorsi erano più o meno gli stessi). E vale la pena di sottolineare che le critiche al pacifismo ad oltranza non erano del tutto campate per aria: Atene era effettivamente una democrazia mentre Sparta era un’oligarchia; non era facile per gli Ateniesi (e non sarebbe stato neppure giusto) mettere le due città sullo stesso piano.
Purtroppo la Lisistrata di Aristofane non fu profetica: dopo la messa in scena della commedia la guerra del Peloponneso andò avanti ancora per anni, con esiti rovinosi sia per Atene sia per Sparta. Chissà cosa sarebbe successo se le donne di tutta la Grecia avessero davvero avuto la possibilità di incontrarsi e organizzare iniziative comuni? Non lo sapremo mai. Invece i prossimi anni ci diranno se il movimento Women Wage Peace avrà prodotto risultati tangibili o sarà stato solo una generosa utopia. Nell’attuale clima di sfiducia reciproca tra israeliani e palestinesi la pace sembra ancora molto lontana e non mi azzarderei a fare previsioni. Mi pare comunque significativo che il movimento coinvolga donne con diverse opinioni politiche, osservati e non osservanti, superando almeno in parte la tradizionale difficoltà dei movimenti pacifisti israeliani a trovare consensi fuori dal mondo laico, ashkenazita e di sinistra. Certo, anche WWP per ora è un gruppo minoritario (del resto non lo era anche il sionismo degli inizi?) ma questa trasversalità insolita induce comunque a sperare che la voce delle donne possa contribuire in qualche misura a fare la differenza.
Con l’augurio che questo 5778 che sta per iniziare sia finalmente un anno di pace.
Anna Segre