Le lapidi allo stadio
Veria è una cittadina di circa 100.000 abitanti. Sorge nella regione storica della Macedonia meridionale. È situata alle falde del Monte Vermion e si trova a 65 km a sud-ovest di Tessalonica a circa 40 km dal Mare Egeo. Siamo di nuovo in viaggio con il Kibbutz. Questa volta la nostra guida è Yaron Enosh, uno dei più popolari conduttori radiofonici israeliani, appassionato di tutto cio che concerne la storia, la cultura, l’arte e la realtà greca. Con lui trascorriamo cinque giorni a Salonicco- Tessalonica tra le vie affollate, sulla passeggiata in riva al mare e nei luoghi dove vi fu una delle comunità ebraiche più fiorenti: oltre sessantamila persone di cui sono rimaste solo 1000. Shoah…. Oggi ci siamo allontanati dalla città per raggiungere Veria. Da lontano il paesaggio non è di grande effetto: tante case e un lungo vialone pieno di negozi. Yaron ci conduce sapientemente, risvegliando la nostra curiosità. Ci fermiamo con il pullman davanti a una mulattiera che scende verso il fiume a serpentina. Quando arriviamo in una piazzetta lastricata ci chiede di guardare in alto, verso l’ultimo piano di una palazzina bianca e tutto il corpo viene percosso da un brivido: tra due finestre leggiamo la scritta in ebraico LEZECHER A HURBAN SHEL 5642 In ricordo della tragedia del 5642. Ci arrampichiamo su per la salita, in mezzo agli alberi, sulle facciate delle altre case compaiono altre scritte e sulla soglia di un edificio ci accoglie un simpatico signore che parla perfettamente in ebraico. Entriamo ed è come varcare le soglie del cielo. Ci troviamo in una sinagoga completamente azzurra, con un Aron HaKodesh dai colori sgargianti. Ezra Bakola è un ebreo di Salonicco che dal 2008 si cura di questo Tempio: “I nazisti avevano distrutto tutto, era crollata ed era rimasta in piedi solo la parete dell’Aron HaKodesh dove erano racchiusi Sifrei Torah antichissimi che sono stati consegnati a qualcuno per conservarli e di cui non si sa più nulla. Quei due piccoli banchi, li in fondo, sui quali vedete dei libri in ebraico per i bambini, appartenevano alla nostra scuola e le due valige a qualcuno che non ha fatto in tempo a prenderle prima di salire sui camion dei tedeschi. Nella città c’erano 950 ebrei ne sono tornati da Aushwitz solo 111. Ora non c’è più nessuno. Io vengo da Salonicco per curarmi di questo luogo e raccontare, a chi me lo chiede, la sua storia.” Fra poco uscirà una raccolta di canti ebraici della famosa cantante greca Natassa Teodoridus e tutte le entrate delle vendite verranno devolute al mantenimento della sinagoga di Veria. Quando le hanno chiesto il perché di questa scelta ha risposto: “Quando avevo 8 anni tutti i bambini ebrei sparirono dalla mia scuola e dalla mia città. Molto, molto più tardi ho capito quale era stato il loro destino!”
Prima di lasciare Veria ci portano al campo di calcio di uno dei licei della città. Un filare di alberi alti lo separa dal vecchio cimitero ebraico che ora non c’è più. Yaron ci fa scendere sugli spalti. È un tipo un po’ comico, pensiamo che voglia farci uno scherzo. Sul dorso della collina che circonda gli spalti scorgiamo una fila di lapidi di marmo, scritte completamente in ebraico o in ladino translitterato in ebraico. “Erano momenti difficili, serviva qualcosa per fortificare il terreno e queste lapidi di marmo furono vendute. Qualche anno fa ho scorto tra l’erba alta qualcosa. Siamo venuti con un gruppo di ragazzi da Israele e abbiamo ripulito tutto. ” Sulla strada del ritorno ce ne stiamo in silenzio, mentre li librano nell’aria le canzoni di Yehuda Poliker, originario di Salonicco che ha saputo attraverso le sue poesie cantate, raccontare la profonda tragedia degli ebrei di Grecia e la loro rinascita.
Angelica Edna Calò Livne