Pagine Ebraiche Ottobre 2017 Che razza di parola
L’articolo 3 della Costituzione italiana recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Un articolo scritto per sancire l’uguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini in Italia. Una risposta che i padri costituenti decisero di dare in modo chiaro dopo gli anni bui del fascismo, dopo un ventennio in cui la politica delle discriminazioni era politica di Stato. Ma un interrogativo, leggendo l’articolo, continua a rimanere vivo: è ancora giusto o utile mantenere il termine “razza” all’interno della nostra Costituzione? A maggior ragione oggi che la scienza ha dimostrato che, per quanto riguarda l’uomo, le razze non esistono. Una riflessione su cui è incentrato il dossier di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione dall’emblematico titolo “Che razza di parola”. Pagine in cui si cerca di capire perché, nonostante sia dato per assodato che le razze umane non esistano, questo concetto continui ad essere uno strumento forte in mano alla retorica xenofoba e populista e quali siano le strade possibili per invertire la rotta.
Già nel 2015 gli autorevoli antropologi hanno chiesto al legislatore di abolire il termine “razza”. “Non è possibile parlare di razze umane. Ce lo dice il buon senso, ce lo conferma la comunità scientifica con le sue ricerche. Per questo ritengo opportuno che il termine ‘razza’ sparisca dal terzo articolo della Costituzione italiana e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e venga sostituito con una espressione maggiormente rispettosa delle diverse identità etniche, culturali e religiose”, scrissero, appoggiando l’appello, Renzo Gattegna e Victor Magiar, allora rispettivamente Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e assessore alla Cultura UCEI. Dello stesso parere anche il rabbino capo di Roma e vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica Riccardo Di Segni. Ora quell’appello è tornato attuale grazie all’iniziativa del genetista Carlo Alberto Redi e della biologa Manuela Monti, organizzata a Pavia in questi giorni e significativamente intitolata “No razza, sì cittadinanza”: una conferenza dibattito tra esperti di diverse discipline sul concetto di razza, sulla sua inesistenza dal punto di vista scientifico e dal sua pervasività nel dibattito pubblico e politico. Se la scienza ha superato – e dimostrato empiricamente la loro inesistenza – le divisioni in razze umane non così hanno fatto molti italiani. “Di fronte a quello che accade intorno a noi, in cui la retorica razzista è tornata a scuotere in modo profondo il dibattito pubblico in Italia così come in tutto il mondo – spiega a Pagine Ebraiche Carlo Alberto Redi – non potevamo esimerci, come comunità scientifica, dal dare il nostro contributo e richiamare simbolicamente l’appello per l’abolizione del termine razza dall’articolo 3 della nostra Costituzione”. A riguardo, Redi e Monti hanno curato un volume che ha lo stesso nome del convegno di Pavia, “No razze, sì cittadinanza”, in cui scienziati, filosofi, giuristi analizzano e riflettono sul termine e sul concetto di razza. Tutti concordi nel dire che non esistono, meno ad esempio, sull’opportunità di eliminarne il riferimento nella Costituzione: per il genetista Guido Barbujani, ad esempio, i padri costituenti nell’inserire quella parola vedevano una chiara condanna della politica razzista e
antisemita del fascismo. Rappresenta un argine lessicale e un monito contro chiunque cerchi di ripristinare quelle ideologie. “Non sono d’accordo con l’amico Barbujani ma capisco il suo punto di vista – afferma Redi – Ed è positivo che si apra un dibattito sul tema”. Il problema rimane però quello di portare la questione al di fuori dei circoli accademici e fare in modo che del razzismo e delle altre forme di discriminazione si parli seriamente. La discussione e il dialogo sul tema, ricorda Redi, servono per far capire che per il razzismo non può e non deve esserci spazio. E a riguardo torna utile ricordare quanto accaduto negli Stati Uniti di recente: dopo che qualcuno aveva scritto frasi razziste sulle bacheche dell’accademia militare dell’aviazione statunitense, il tenente generale Jay Silveria, sovrintendente dell’aviazione, ha tenuto un discorso di fronte a tutti gli allievi e alla presenza di tutto lo staff. “Se non siete capaci di trattare qualcuno con dignità e rispetto, allora ve ne dovete andare. – ha detto Silveria – Se non siete capaci di trattare una persona di un altro genere, che sia uomo o donna, con dignità e rispetto, allora ve ne dovete andare. Se umiliate qualcuno, in qualsiasi modo, allora ve ne dovete andare. E se non siete capaci di trattare una persona di un’altra etnia, o con un colore diverso della pelle, con dignità e rispetto, allora ve ne dovete andare”. “Prendete i vostri cellulari – ha poi aggiunto – Voglio che registriate questa cosa perché voglio che ce l’abbiate, che la usiate. Dobbiamo mostrare tutti, tutte le persone qui dentro, coraggio morale. Questa è la nostra istituzione. E se avete bisogno delle mie parole, e ne avete bisogno, ecco quelle che dovete tenervi, quelle che dovete usare, e che dovete condividere, e di cui dovete parlare: se non siete capaci di trattare una persona con dignità e rispetto, allora andatevene”.
Dossier Che razza di parola, Pagine Ebraiche Ottobre 2017