#QUELLAVOLTACHE Ribellarsi alle sopraffazioni, tra le pagine di un libro
Naomi Alderman / RAGAZZE ELETTRICHE / nottetempo
“Poco prima di dormire, Margot pensa alle formiche alate, al fatto che ogni estate c’è sempre un giorno particolare in cui la casa sul lago pullula di questi insetti, fitti sul terreno, aggrappati alle strutture di legno, vibranti sui tronchi degli alberi, quando l’aria ne è così piena da farti pensare che potresti inspirarli. Vivono sottoterra, quelle formiche, per tutto l’anno, completamente sole. Nascono dalle uova, e mangiano chissà cosa – polvere, semi, o qualcos’altro – e aspettano, aspettano. E a un certo punto, dopo che la temperatura è stata ideale per il giusto numero di giorni, e quando il grado di umidità è quello appropriato… prendono tutte il volo nello stesso momento… ”
C’è un momento in cui, semplicemente, è il momento giusto, e così come racconta Naomi Alderman all’inizio del suo Ragazze elettriche, pubblicato in Italia da nottetempo, pare che questi siano i giorni giusti per moltissime donne in tutto il mondo per raccontare #quellavoltache.
È questo infatti l’hashtag che in Italia segna un flusso fortissimo di autocoscienza e volontà di condivisione. Impressionante, doloroso, travolgente, inarrestabile. Scatenato dal caso Harvey Weinstein, ma evidentemente pronto a scoppiare, e rilanciato in diversi paesi da persone anche molto diverse tra loro, in Italia racconta una storia comune, troppo comune.
All’inglese #metoo, scoppiato mentre in Francia cresce #balancetonporc, corrisponde da noi un coro infinito, di cui bastano poco esempi per rendersi conto:
#quellavoltache per salvarmi dalle botte e dalle minacce mi rivolsi alla polizia e mi dissero di tornare a casa che i litigi sono normali.
#quellavoltache alla denuncia al Commissariato Trevi, la mattina dopo l’aggressione, mi chiesero, “Ma scusi, lei com’era vestita?”
#quellavoltache Sono due giorni che scrivo e cancello perché ancora risuonano in testa i commenti delle persone a cui lo raccontai allora.
#quellavoltache mia figlia trovò il coraggio di denunciare il marito per le violenze subite ed ebbe inizio un calvario senza fine.
#quellavoltache mi salvai per pura fortuna, la prima volta, avevo 7-8 anni ed era il vicino di casa di mia nonna.
Ma anche
#quellavoltache a una cena elegante uomini stimati raccontavano le loro vacanze da turisti sessuali con le bambine nell’ilarità generale.
Condivisioni infinite, per riuscire finalmente a raccontare quello che è successo magari venti, trenta anni prima. Parole e storie che si condensano nei pochi caratteri di un tweet e dilagano su facebook, che fanno male. Fa male leggerle, fa male scriverle, fa male ricordare. Ma in questo momento a prevalere è la sensazione nettissima che sia importante avere il coraggio di raccontare, anche se solo un frammento piccolo di quello che è successo, perché a ogni #quellavoltache che riusciamo a tirar fuori diventiamo un po’ più forti, e soprattutto diamo un poco di forza a quelle che ancora non ce la fanno, che si sentono isolate, che hanno paura di parlare. Che si tratti di donne di successo, che avrebbero forse avuto più possibilità di opporsi e che sono riuscite a uscirne bene, o che siano state situazioni di violenza assoluta, in cui non c’è stata possibilità di dire neppure una parola, cambia poco: resta il dolore, il disagio, spesso la vergogna. E soprattutto resta l’effetto, che è impressionante.
I pensieri si affastellano, vanno dallo stupore al dolore all’incredulità, ma la verità, in fondo, è nota, anche se ammetterlo è difficile: sappiamo tutte e tutti quanto le molestie e la prevaricazione nei confronti delle donne siano diffuse. In tutti gli ambiti, nessuno escluso.
È allora il momento giusto per prendere in mano l’ultimo libro di Naomi Alderman, Ragazze elettriche: l’abitudine al predominio fisico e alla possibilità che un uomo sia violento nei confronti di una donna è tale che ribaltare questa prospettiva può essere sconvolgente. E saperlo fare con la forza e allo stesso tempo con la precisione chirurgica dell’autrice di questo libro duro e difficile da digerire non è affatto banale: nata nel 1974 a Londra, dove è cresciuta nella comunità ebraica ortodossa di Hendon, ed è tornata a vivere dopo aver passato alcuni anni a New York si è aggiudicata il prestigioso Orange Prize for New Writers 2006 e il Sunday Times Young Writer of the Year Award 2007 con il suo romanzo di esordio, Disobbedienza (nottetempo). il suo secondo romanzo, Senza toccare il fondo, è uscito nel 2011 per lo stesso editore italiano, e nel 2013 ha iniziato una collaborazione con Margaret Atwood, nata nell’ambito del progetto “Rolex Mentor and Protégé Arts Initiative” in cui l’ha avuta come suo mentore. Considerata tra i migliori giovani scrittori inglesi e collaboratrice regolare di The Guardian è anche autrice di videogiochi e di app decisamente particolari: “Zombie, Run!”, per esempio è utile per chi ama correre, ma avrebbe bisogno di uno stimolo in più…
Ragazze elettriche, che le è valso il Baileys Women’s Prize 2017, immagina un mondo dominato dalle donne, in cui gli uomini sono ridotti in semi-schiavitù. Le adolescenti hanno sviluppato una nuova capacità di produrre energia elettrica e fulminare chiunque cerchi di molestarle. Si mescolano società, politica, mondo dei media e religioni, in una storia che corre veloce tra il rivoluzionario ribaltamento delle gerarchie e dei rapporti di genere che il fenomeno ha innescato. Sono ora le donne che distruggono, violentano, seviziano e uccidono come prima di loro avevano fatto gli uomini. Questa è l’atroce verità.
Tocca confrontarsi con una domanda quanto mai attuale: perché le persone, al di là del sesso e della razza, abusano del potere?
Ada Treves twitter @ada3ves
(17 ottobre 2017)