Periscopio – Il nodo dell’Unesco
Le recenti notizie, rapidamente susseguitesi l’una all’altra, relative all’elezione del nuovo Presidente dell’UNESCO, sollecitano diverse considerazioni. Ricordiamo soltanto, rapidamente, che era candidato, in “pole position”, per la copertura del prestigioso incarico, un tale Hamad ben Abdulaziz Kawari, ex ministro degli Esteri del Qatar, un signore distintosi per avere personalmente promosso e curato molteplici edizioni del “Mein Kampf”, dei Protocolli dei Savi di Sion e di analoghi libri spazzatura, allegramente distribuiti, con “imprimatur” statale, nel suo felice Paese; che gli Stati Uniti hanno ufficialmente dichiarato di ritirarsi dall’organizzazione (a cui, fra l’altro, già da tempo non contribuivano più economicamente), per il conclamato pregiudizio anti-israeliano, restando nel puro ruolo di osservatori, in ciò subito seguiti dal governo di Gerusalemme; che le votazioni hanno visto, a sorpresa, prevalere, con uno strettissimo margine di soli due voti di maggioranza (grazie anche al voto italiano), la Signora Azoulay, cittadina francese di origini marocchine e di religione ebraica, sulle cui posizioni relativamente allo spinoso fascicolo mediorientale (la “titolarità” dei luoghi santi, l’ebraicità del Muro occidentale e di Hebron ecc.) c’è, comprensibilmente, molta attesa e curiosità. Diciamo, brevemente, quel che riteniamo si possa affermare a proposito della complessiva questione. Innanzitutto, la candidatura del sinistro e ripugnante Kawari non appariva come qualcosa di scandaloso e inaudito, ma era assolutamente in linea, del tutto coerente con la politica seguita dall’organizzazione negli ultimi anni, consistente, anziché in una protezione e valorizzazione del patrimonio culturale dell’umanità, in una disgustosa strumentalizzazione della cultura ai fini di una propaganda politica subdola e velenosa, costantemente indirizzata verso la negazione di ogni legame storico del popolo ebraico con la propria terra, attraverso una martellante (come è stato detto) “intifada diplomatica”, perfettamente parallela e sintonizzata con la strategia del terrore e con i proclami di distruzione dello Stato ebraico, ai cui obiettivi le scelte dell’UNESCO appaiono direttamente funzionali (chi volesse distruggere Israele, non farebbe niente di male, dato che uno Stato ebraico non ha alcuna legittimazione, e non ha quindi alcun diritto di esistere). In un bellissimo articolo pubblicato sul Corriere della sera lo scorso venerdì 13, Paolo Mieli – uno dei pochi giornalisti italiani che, nella pratica del suo mestiere, rivela di essere guidato da una morale, parola ormai completamente passata di moda – spiega, con argomentazioni inoppugnabili, come l’Italia, unitamente ad altri Paesi occidentali, sia stata reiteratamente indotta a un atteggiamento benevolo verso il Qatar in forza dei sonanti petrodollari che l’emirato fa generalmente scivolare nelle nostre tasche – acquistando grattacieli, hotel di lusso e siti turistici, senza mai ” tirare sul prezzo” -, e che ben giustificano qualche piccola distrazione di coscienza. “Pecunia non olet”, come si dice, così va il mondo, perché andare tanto per il sottile? E poi, diciamo la verità, il Qatar o un altro, a noi che ce ne frega? E poi e poi, sempre con questi ebrei, che barba… Mieli è bravissimo, e dice delle verità incontestabili, ma io sono ancora più pessimista di lui, perché non sono affatto sicuro che, se quelli del Qatar fossero poveri o tirchi, e non ci scucissero neanche un centesimo, avremmo un atteggiamento diverso. L’Italia si è sempre accodata tranquillamente alle mandrie di antisemiti terzomondisti, si trova a suo agio nella comitiva. I soldi magari aiutano, ma chi si lascia corrompere in genere è già corrotto da prima, mentre, per chi ha una coscienza, nessuna cifra sarebbe mai sufficiente. Emiro, hai buttato i tuoi soldi, sarebbe bastato qualche sorriso, un caffè al bar, qualcuna delle solite battute sul Paese del sole. Com’è bello piacere a tutti, essere amici di tutti. La decisione dell’America di ritirarsi è sacrosanta, la prima bella notizia da tanto tempo, e speriamo che non ci siano ripensamenti. Anche se non sarà risolutiva, almeno costringe la gente a fare un po’ i conti con la realtà, a non fare finta di nulla. Trump è uno degli uomini più odiati del pianeta – e io stesso, per quel che conta, l’ho spesso criticato su queste colonne -, ma stavolta può solo essere elogiato e ringraziato, senza alcuna riserva. Sarebbe molto ingenuo illudersi che ora, con l’arrivo della Azoulay, l’UNESCO abbia finalmente cambiato rotta, come se una sola persona, al vertice di un’organizzazione, potesse decidere tutto. Auguri alla Signora, riguardo alla quale ho trovato ingenerose alcune accuse di andare a fare la foglia di fico o di svolgere il ruolo di “ebreo di corte”. Ma, personalmente, continuo a pensare che sarebbe un bene che dall’UNESCO uscissero quanti più Paesi possibile, e che ci restassero solo Iran, Qatar, Libano, Gaza, Malesia, Corea del Nord e cose del genere.
Francesco Lucrezi, storico
(18 ottobre 2017)