Milano – Casa 770, porta sul mondo
«Kansù, bevakashà» («entrate, prego»). È così che il rabbino Avraham Hazan apre la porta e invita a entrare in uno dei luoghi più misteriosi di Milano: la palazzina al civico 35 di via Carlo Poerio. La chiamano «l’olandese» (perché ricorda le abitazioni dei Paesi Bassi) ma, in realtà, è una delle 16 «case 770» riprodotte nello stesso modo, in tutto il mondo, da una comunità ebraica. E quella milanese è l’unica in Europa. In stile neogotico nel quartiere più liberty della città, spicca per i mattoncini rossi, le strette e lunghe vetrate e i tre tetti appunti dalle «guglie». «La sua storia è legata al “Rebbe” Menachem Mendel Schneerson (nato nel 1902 a Mykolaïv, in Ucraina), carismatico direttore del movimento ortodosso Chabad-Lubavitch», racconta Davide Romano, assessore alla Cultura della comunità ebraica.
Le case 770 sono presenti negli Stati Uniti, a New York, nel New Jersey, a Cleveland e a Los Angeles. In Canada a Montréal, in Israele a Ramat Shlomo (non lontano da Gerusalemme), a Kfar Chabad, a Kfar Tapuach (vicino Tel Aviv), a Kiryat Ata e a Zikhron Ya’aqov (nei dintorni di Haifa). A San Paolo, Buenos Aires, Melbourne, Santiago del Cile e in Ucraina.
Tutto ha inizio nel 1940, quando un gruppo della grande dinastia dei Lubavitcher acquista un piccolo fabbricato in stile gotico al 770 di Eastern Parkway a Crown Heights, Brooklyn, per il Rav Yoseph Yitzchak Schneerson, emigrato negli Usa per sfuggire alle persecuzioni naziste. Dopo la sua scomparsa la casa è stata ereditata dal genero, Menachem Mendel Schneerson, figura diventata famosa all’estero per la sua cultura e l’impegno per la diffusione della chassidut (insegnamenti, interpretazioni e direttive dell’ebraismo), nonché fondatore dei centri Chabad, tra i luoghi di incontro più frequentati dalle comunità ebraiche internazionali. «La grande devozione e l’arte oratoria del Rebbe — continua l’assessore — hanno reso la casa 770 di Brooklyn un posto di culto e di adorazione, tanto da essere replicata in diversi Paesi, in epoche differenti. È stato anche un modo, per i seguaci di Schneerson, di farsi riconoscere».
La struttura meneghina è stata ristrutturata negli anni 90. Risalta subito agli occhi: tre piani con all’interno un giardino bellissimo. «È un punto di riferimento culturale per la città — rivela Romano —. Si organizzano eventi particolari, dall’arte al food (rigorosamente kosher) sempre nello spirito illuminato e divulgativo del leggendario rabbino, scomparso nel 1994 a New York». La palazzina fa parte del Merkos, centro per l’educazione ebraica e il direttore è Rav Avraham Hazan: «Nel 1958 il rabbino Garelik è stato mandato qui dal Rebbe e con sua moglie ha creato un’associazione e ha aperto una scuola. Dopo qualche anno ha deciso di replicare la «770» originaria. L’edificio in via Poerio apparteneva già a una famiglia ebraica ma era fatiscente. Rav Garelik ha avuto il permesso di rifarlo da capo e poter rappresentare, così, il legame con il luogo d’origine. Oggi all’interno c’è una libreria, un centro studi, uffici e una sala conferenza».
I Chabad-Lubavitch si distinguono dall’abbigliamento: cappello nero, barba e basette lunghe. Qual è la loro caratteristica? «Essere aperti — spiega Romano —. Provano piacere nel coinvolgere le persone nelle loro iniziative a prescindere dalla fede religiosa. E hanno un grande spirito divulgativo. Per esempio, hanno introdotto a Milano alcune festività: al Castello Sforzesco quella di Sukkot e nel periodo di Natale celebrano, in piazza Duomo o in San Babila, quella delle luci di Chanukkà, ricordata per i candelabri giganti».
Rossella Burattino, Corriere Milano
(19 ottobre 2017)