Riposo
Siamo reduci da un periodo convulso, con il lavoro e gli impegni di un’intera settimana da concentrare in meno di quattro giorni dalla domenica al mercoledì pomeriggio. Sempre di corsa, sempre con la sensazione che comunque non si farà in tempo, che comunque alla fine scapperà qualcosa (una mail a cui non si è risposto, una scadenza non rispettata, ecc.). Poi, però, ecco i tre giorni festivi consecutivi che permettevano di tirare il fiato e il lusso di far festa mentre il mondo continuava a correre. Peccato che alla fine dei tre giorni toccasse riacciuffarlo in corsa.
È curioso notare come all’esterno del mondo ebraico il riposo non sia affatto un valore, anzi, in certi contesti non sembri neppure essere contemplato come legittima esigenza. Un esempio? Consideriamo il dibattito a proposito dell’alternanza scuola-lavoro. Per chi non lo sapesse, si parla di 400 ore negli istituti tecnici e professionali e 200 ore nei licei nell’ultimo triennio, che in pratica significa (per non caricare troppo l’ultimo anno) 80-100 ore nel terzo e quarto anno di scuola superiore. Per capire cosa sono 80-100 ore si tenga presente, per esempio, che tutte le ore di inglese dell’anno sono 99. Dunque l’alternanza costituisce un carico tutt’altro che indifferente. Avrei dato per scontato che chiunque si ponesse una semplice domanda: al posto di cosa stanno queste 80-100 ore? Alleggeriamo i programmi? Semplifichiamo le prove dell’esame di stato? (Poco importa, a mio parere, che le ore di alternanza scuola-lavoro siano dentro o fuori dall’orario scolastico, perché, anche quando sono all’interno, se il carico di lavoro della singola disciplina non diminuisce aumentano inevitabilmente lo studio e i compiti a casa). Invece i programmi ministeriali sono rimasti identici, l’esame di stato è sempre lo stesso e le prove non sono state affatto semplificate. E tra tutti i discorsi che ho sentito (esperienza formativa o non formativa, utile o non utile, organizzata bene, organizzata male, ecc.) non ho letto o sentito nessuno che si sia posto questa semplicissima domanda. Tutti sembrano dare per scontato che non ci sia nessun problema a togliere a un adolescente 80-100 ore annuali di risposo e svago. Dal mio punto di vista è una cosa straordinariamente bizzarra: ci si preoccupa della loro salute, del loro diritto alla trasparenza, alla privacy, ecc. ma il riposo è percepito come un optional. E se questo discorso vale per una categoria di persone tendenzialmente molto coccolata come gli adolescenti figuriamoci quanto si possa avere rispetto del riposo degli adulti.
E allora i nostri tre giorni festivi di seguito per tre settimane (di cui due consecutive) diventano una sfida durissima ma al contempo di straordinaria importanza in un mondo che sembra sempre più incapace di fermarsi e, soprattutto, di riconoscere che fermarsi è un’esigenza ragionevole e legittima.
Anna Segre, insegnante