Trading online, un argine alle truffe
Quando a metà settembre la trentenne israeliana Lee Elbaz è scesa dall’aereo che da Tel Aviv l’aveva portata a New York, non si aspettava che ad attenderla nel terminal dell’aeroporto Kennedy ci fossero due agenti dell’FBI con un mandato d’arresto: il capo d’accusa principale per la Elbaz è di concorso in truffa, per aver raggirato centinaia di clienti negli Stati Uniti mediante la società israeliana di trading online di cui lei è amministratore delegato. Alla Elbaz sono stati concessi gli arresti domiciliari, sia pure dietro cauzione di quasi due milioni di dollari, ma ora rischia una condanna fino a venti anni di carcere.
Questo episodio rappresenta l’ennesima conferma che l’attività illecita che da molti anni le società israeliane di trading online compiono ai danni di cittadini stranieri, soprattutto europei e americani, è divenuta ormai per Israele una fonte di problemi diplomatici con le autorità dei paesi dove risiedono le vittime: i governi degli Stati Uniti e del Regno Unito, in particolare, hanno deciso di intervenire direttamente per contrastare il fenomeno, come dimostra il clamoroso arresto effettuato a New York, e stanno esercitando forti pressioni sulle autorità israeliane affinché mettano fine a questa attività.
Le pressioni dall’estero e l’accumularsi di denunce da parte delle vittime hanno sortito i loro effetti perché il parlamento israeliano sta finalmente esaminando un disegno di legge che impone restrizioni a questa attività. Alla fine di giugno il Consiglio dei ministri aveva approvato un testo molto severo, che metteva al bando tutte le società che offrono trading online ma poi, nel corso del lungo iter di approvazione parlamentare, il testo di legge è stato fortemente diluito. Cosa ha determinato questo “annacquamento”? Il quotidiano Times of Israel riferisce che i rappresentanti di queste società, ossia la loro “lobby”, sono intervenuti “pesantemente” per indurre i legislatori israeliani a più miti consigli; questa lobby ha buoni “mezzi di persuasione” visto che le centinaia di società del settore dispongono di ampi mezzi finanziari (i loro ricavi si stimano nell’ordine dei miliardi di dollari) e forniscono lavoro a migliaia di addetti.
In che misura l’ultima versione del testo di legge stronca il fenomeno? Nella versione “annacquata” discussa in Commissione Riforme all’inizio di agosto, la messa al bando (ossia il divieto di esercitare ogni attività, nei confronti di chicchessia), si limitava alle società che offrono le cosiddette “binary options” (ossia scommesse su eventi che possono avere solo due esiti, come l’aumento oppure il calo di un indice azionario) mentre continuava a venire permessa l’attività dei siti internet cosiddetti “forex”, ossia quelli in cui si investe e si scommette su tassi di cambio tra valute. Il rischio che si configura, qualora venga approvata questa versione “leggera” della legge, è che le società di opzioni binarie continuino a operare sotto le sembianze di società di forex online. Solo una volta approvata ed entrata in vigore la legge si potrà verificare se effettivamente cesserà il fenomeno delle “truffe online” ai danni di ignari investitori.
Aviram Levy, economista, Pagine Ebraiche Ottobre 2017