Noach…

Queste sono le discendenze di Noach, Noach era un uomo giusto, integro era nelle sue generazioni, con D-o procedeva Noach. (Genesi 6, 9)
Integro nelle sue generazioni – alcuni interpretano questa espressione come un elogio a Noach: a maggio ragione se fosse appartenuto ad una generazione di giusti, sarebbe stato ancora più giusto. Altri invece interpretano questa espressione come discredito per Noach: in rapporto alla sua generazione egli fu considerato un giusto, ma se fosse vissuto nella generazione di Avraham, non sarebbe stato considerato nemmeno. (Rashi)
Mi sorge una domanda difronte a questo famoso commento di Rashi (che deriva dal Midrash): come mai i nostri maestri hanno riportato entrambe le interpretazioni? Una positiva e una negativa?
Solitamente ci sono più commenti e opinioni differenti tra i commentatori, è normale nella Tradizione Orale. Ma forse che qui i maestri hanno dimenticato quanto è detto: “giudica il tuo prossimo favorevolmente”? Gli stessi maestri ci hanno insegnato che una persona va giudicata per quello che è qui ed ora, non per come avrebbe potuto essere, ciascuno è chiamato a essere se stesso, al meglio delle proprie possibilità.
Ma allora, per quale ragione i nostri maestri hanno sentito la necessità di riportare anche un giudizio sminuente della figura di Noach?
Mi sembra di poter dire che entrambe le letture in realtà fanno parte di un unico quadro della figura di Noach. Noach è un vero Tzaddik, la Torah lo descrive come tale da tutti i punti di vista. Il Midrash poi elogia Noach e gli attribuisce parole e comportamenti che senza dubbio vogliono descriverne le caratteristiche a pari di Avraham… (secondo il Midrash Noach ha vissuto abbastanza a lungo da conoscere Avraham)
Ma nel cuore dello stesso Noach, egli stesso si considera un Benonì (intermedio), non certo uno Tzaddik (giusto). Egli si considera veramente nulla difronte al suo prossimo, per via della sua grande umiltà (al pari di Moshè). Solo in questo modo infatti può veramente considerare se stesso. Perché uno Tzaddik non può considerare se stesso tale, altrimenti è evidente che non sarà mai quello che dice di essere. Ciascuno deve considerare se stesso come un Benonì (intermedio), non come Rashah (malvagio) e non come Tzaddik (giusto), solo così si può arrivare ad essere veramente un giusto.
Ecco che le due opinioni dei maestri formano un’unica descrizione della figura di Noach.

Paolo Sciunnach, rabbino