Fuga dalla realtà
È rimasta in vigore la summa divisio domestica fra i c.d. ebrei pro israeliani (etichettati troppo facilmente come di destra) ed ebrei critici del governo di Israele (etichettati in modo altrettanto sbrigativo come di sinistra). Ambedue sono accomunati dal desiderio della pace in Medio Oriente, anche se l’approccio sembrerebbe essere assai diverso. Ad esempio, nel campeggio della FGEI (Federazione Giovanile Ebraica Italiana) del dicembre 1973, mentre alcuni cantavano “Gerusalemme d’oro” (Ierushalaim Shel Zaav) altri risposero con l’Internazionale; come tutti i segreti, anche questo si trova in un libro (Maurizio Molinari, La sinistra e gli ebrei italiani 1967-1993, Milano, Corbaccio, 1995, p. 84).
Senonché, sarebbe opportuno considerare che, come scrive Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 1° Ottobre 2017, destra e sinistra sono ormai categorie fuorvianti, che costui sostituirebbe con la dicotomia popperiana fra nemici e non della società aperta. Checché se ne pensi, il solo richiamo nominalistico alle destre sembrerebbe una vieta riproposizione degli attrezzi ideologici degli anni cinquanta, improponibili in un mondo che cambia velocemente e, in ogni caso, dimostrerebbe una scarsa consapevolezza delle conseguenze politiche, economiche e giuridiche della rivoluzione digitale.
La curiosità intellettuale dovrebbe spingere in un’altra direzione, che riguarda l’improvvisa fortuna che, grazie proprio alla rivoluzione digitale, arride al mai sopito cospirazionismo, che decenni addietro si faceva sentire nelle sezioni dei maggiori partiti italiani di destra e di sinistra, dove si potevano sostenere tesi sufficientemente deliranti da non poter aspirare alla dignità di stampa negli organi dei rispettivi partiti.
Ed è proprio grazie alla rivoluzione digitale che queste tesi, prima chiuse nelle richiamate stanze, oggi fanno da coda, in guisa di commenti dei lettori, agli articoli pubblicati nelle edizioni online dei quotidiani.
Sarebbe, però, errato credere che il fenomeno riguardi i soli lettori, in quanto costoro si limitano a riproporre in modo spesso rozzo ma brutalmente franco le conseguenze che scaturiscono e fanno da corollario all’ambiguità di alcuni articoli pubblicati nelle rispettive testate. Le omissioni contenute in alcuni articoli sono sovente, dal punto di vista semantico, delle falsificazioni (Paul Ekman, La seduzione delle bugie, Di Renzo Editore, Roma, 2009, p. 11); se, ad esempio, cito l’assassinio di Tizio ma mi guardo bene dal dire che aveva sparato senza motivo ai passanti, il lettore sarà indotto a credere che Tizio sia stato vittima di malvagi. Se scrivo che Caio negli ultimi quindici giorni non ha assunto droghe, faccio pensare, senza affermarlo apertamente, che negli ultimi anni egli si drogasse.
Gli attuali estremismi sono, nelle loro svariate forme, figli di un complottismo che in forma aperta si limita a incolpare banche e mondialismo ma che, nel messaggio subliminale che è convogliato alle masse, finisce per colpire gli ebrei, chiamandoli però sionisti e avvertendo che costoro sono nemici degli ebrei. È certamente un’assurdità, però non si dovrebbe far fatica a contabilizzare le vittime che la follia ha prodotto nel secolo scorso, molte delle quali sono state oggetto di un processo di rimozione.
Ne consegue che i rischi derivano oggi giorno soprattutto dal cospirazionismo, quale residuo spurio delle violazioni delle regole della logica cui hanno fatto spesso ricorso alcune ideologie ottocentesche e novecentesche. Se volessimo sviluppare un discorso apagogico, potremmo ipotizzare che se si incolpassero le sole destre vorrebbe dire che aspiriamo ad una società governata dalle sole sinistre, in spregio alla vitale necessità dell’alternanza che è alla base della democrazia; un traguardo irreale e anche pericoloso, se non altro perché la fuga dalla realtà e il suo figlio legittimo, il cospirazionismo, sono il vero nemico delle minoranze.
Emanuele Calò, giurista