SCIENZA & SOCIETA’ “Razzismo, problema politico”
Guido Barbujani / L’INVENZIONE DELLE RAZZE / Bompiani
Le razze, biologicamente parlando, non esistono. Ma, come spiega il genetista Guido Barbujani a Pagine Ebraiche, anche “la scienza non è esente dall’affermare sciocchezze. A volte la si distorce e la si usa come scorciatoia e dietro ad essa si nascondono in realtà decisioni politiche”. Esempio, le leggi razziste del 1938 così come le discriminazioni subite dagli afroamericani negli Stati Uniti o l’apartheid sudafricano. Modelli discriminatori che rivendicavano l’esistenza delle razze per applicare sistemi che privano alcuni cittadini/esseri umani dei loro diritti e garantiscono ad altri di mantenere il potere nelle sue diverse forme. Non che non esista un razzismo dal basso che anzi oggi, in tempo di grandi migrazioni, riaffiora sotto forma di paura. “Saremmo più onesti – affermava Barbujani in una lunga intervista proprio con Pagine Ebriche – se invece che mascherarci dietro a questioni di razze ammettessimo che ‘tra me e te ci sono differenze genetiche minuscole, il fatto è che proprio non sopporto la tua cultura’; almeno saremmo sinceri”. “Le differenze esistono, non siamo certo tutti uguali, e queste differenze ci permettono, a volte, di collocare uno sconosciuto nel continente da cui ha avuto origine – spiega ancora Barbujani nel volume No Razza, sì cittadinanza curato da Manuela Monti e Carlo Alberto Redi – Ma spesso ci si sbaglia: quello che vediamo (o che crediamo di vedere) nella pelle e nei tratti somatici del nostro prossimo non è sempre una rappresentazione accurata di quello che sta scritto nei nostri geni. Inoltre, queste differenze riguardano l’uno per mille del nostro genoma: abbiamo in comune con ogni sconosciuto, di qualunque continente sia, il restante 999 per mille”. Autore di libri a carattere divulgativo sul tema, come Sono razzista ma sto cercando di smettere (Bompiani – scritto assieme al giornalista Pietro Cheli), Barbujani è spesso invitato a conferenze per spiegare che no, le razze scientificamente non esistono. “Temo che il dibattito scientifico sia però largamente ininfluente sul tema del razzismo – afferma il genetista – È difficile scardinare con la scienza l’intolleranza che si genera a livello di quartiere, di vita quotidiana. Sono due aspetti diversi. Le faccio un esempio: dopo aver fatto il mio discorso su come in fondo siamo tutti parenti, i nostri antenati provenivano dall’Africa e via dicendo, mi si avvicina un signore e mi dice ‘se i negri fossero come lei e me, li chiameremmo bianchi’”. Il problema, prosegue lo scienziato, è che assistiamo a un’erosione costante della solidarietà sociale: “sembra essere diventato un bene di lusso, un valore che solo i ricchi possono permettersi, mentre un tempo era uno strumento in mano ai deboli”, tra cui invece fa sempre più presa – come dimostrano i risultati di partiti apertamente xenofobi in Europa e non solo – la retorica razzista. Una questione però, sottolinea Barbujani, che non è riconducibile a una questione semantica ed è anche per questo che si dice contrario all’idea di eliminare la parola “razza” dall’articolo 3 della Costituzione. Una proposta che, secondo il genetista “muove senz’altro da intenzioni nobili, e basta guardare ai nomi e al curriculum di chi l’ha proposto per convincersene. Io però dubito che Terracini, La Pira e tutti coloro che collaborarono alla stesura dell’articolo 3 stessero pensando a noi biologi. In quel momento, non era tanto la discussione sulle nostre differenze biologiche che contava, ma la recente e drammatica esperienza delle leggi razziali del 1938”. Il termine all’articolo 3 insomma come un monito per il non ripetersi delle distorsioni tragiche del passato.
Il disegno è di Giorgio Albertini.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, ottobre 2017