Qui Torino – La sottile armonia degli opposti

20171023_2120118 e B. Nessun errore di battitura, no. 8 è anche Otto, ma è anche il remo di una barca. B è anche Greta, ma anche barca che si fa trasportare dalla corrente. Ebbene Otto e Greta sono i protagonisti di un romanzo di formazione, di un percorso di crescita che prende il via dalla sofferenza di due bambini, una sofferenza che con fatica verrà poi affrontata nell’adolescenza e finalmente scavalcata nella maturità. Un romanzo a più livelli dove la fiaba incontra l’autobiografia. Dove i numeri convivono con le lettere. Un riferimento alla cabala e agli studi talmudici fatti di simboli e interpretazione, un’origine ebraica che fa capolino in forme diverse all’interno del racconto già a partire dal titolo che mette in luce il tema del doppio, del diverso, dell’opposto.
Tutto questo è racchiuso nel volume La sottile armonia degli opposti (Garzanti, 2017) di Nicola Bolaffi, prima artista e tennista e poi scrittore, ed ex allievo della scuola ebraica della Comunità ebraica di Torino. A presentare il volume nei locali comunitari, il presidente dell’Associazione Ex Allievi e Amici della Scuola (Asset), Giulio Disegni, accanto a Santina Mobiglia, collaboratrice dell’Indice dei libri del mese, Silvana Ceresa, psichiatria e psicanalista junghiana e Marco Giusta, assessore comunale alle politiche giovanili. A fare da cornice agli interventi, le voci di tre giovani attori della Casa Teatro Ragazzi che hanno letto al pubblico alcuni passi tratti dal romanzo.
“Libro insolito per struttura e temi, enigmatico nel suo inizio per via della polifonia di voci narranti”, così Santina Mobilia definisce il romanzo di Bolaffi che prende il via dalla scissione dell’io e ricerca del sé. Il romanzo va avanti per interrogativi, l’autore ricerca più le domande che le risposte. “Una sfumatura tipicamente ebraica – continua Mobiglia – che si ritrova in vari accenni e in un sottofondo cabalistico che marca fin dal principio l’identità dei due protagonisti, 8 e B”. Numeri e lettere, ma prima di tutto forme spezzate nel centro, dilaniate da una separazione fisica che comporta poi uno sdoppiamento oltre il punto di cesura. Greta e Otto condividono nodi irrisolti nei rapporti dei genitori e un sentimento che li tiene uniti anche a distanza che solo alla fine si tradurrà in amore come accettazione dell’altro nella propria parzialità, arrivando così alla sottile armonia degli opposti. “Una Scrittura figurativa che lampeggia di immagini”, conclude.
Per Silvana Ceresa sono due le cifre del racconto: la coralità da un lato e la mancanza dall’altro. A prima vista sembra un romanzo d’amore, fatto di parole in libertà che poi si ricompongono tra i pieni e i vuoti della narrazione. Ma sono proprio i vuoti narrativi ad acquisire importanza. “Leggere vuol dire cogliere lo spazio tra le parole, il silenzio che di per sé ha un significato, come gli viene attribuito nello studio talmudico”. Infine l’arte che emerge nei racconti “fisici e colorati”, “l’arte come epifania dell’esistenza”.
Poi l’intervento dell’assessore Giusta che parla del romanzo come di un’autobiografia che si cala in fiaba, in un continuo rimpallo di gioco tra Greta e Otto che richiama, non a caso, il palleggio del tennis. “Quello dei protagonisti”, commenta, “è un viaggio di esplorazione e di crescita, che tocca il tema dell’assoluto e la capacità di espandersi fino all’infinito”, due caratteristiche proprie della giovinezza, che fa domande ma rifugge a volte dalle risposte.
In chiusura le parole di Nicola Bolaffi, che spiega come il romanzo abbia avuto origine ancora una volta da una domanda: si possono superate le separazioni?
Greta e Otto sono i due protagonisti sì, ma anche la faccia della stessa medaglia, dove l’autore compare, si avvicina, si allontana, ma di fatto permea di sé inevitabilmente i suoi personaggi.

Alice Fubini