Qui Torino, il confronto
L’Occidente davanti alla Jihad
Si potrebbe dire una doppia “prima volta” quella di Maurizio Molinari, ospite l’altra sera nell’affollato Centro Sociale della Comunità ebraica di Torino, su iniziativa dell’Adei Wizo, che l’ha invitato a parlare di un fenomeno assai attuale come il tribalismo. Doppia, perché era la prima volta che, da quando è direttore de La Stampa, veniva nella Comunità torinese. Ma, soprattutto, perché è stata ricordata la sua “prima volta” da giornalista, e su vicende del Medio Oriente
All’inizio della serata, la Presidente dell’Adei torinese, Daniela Bachi Piperno Beer, ha infatti consegnato a Molinari la copia del “componimento” da lui svolto in terza media per il “Concorso Adriana Revere” (anno 1977-78) e il “tema”, neanche a farlo apposta, verteva sulle prospettive di pace in Medio Oriente, a trent’anni dalla nascita dello Stato d’Israele, tema assai caro al futuro giornalista.
Sandra Reberschak ha poi introdotto il tema del ritorno delle tribù, che tiene banco da qualche tempo in Occidente e in Oriente ed è l’oggetto del volume pubblicato da Molinari per i tipi di Rizzoli, ove si evidenzia l’attuale generale tendenza alla disgregazione che porta all’indebolimento degli Stati nazionali.
Claudia De Benedetti ha dialogato con l’autore sui fronti geografici dei recenti cambiamenti nel panorama politico mondiale, Medio Oriente e Nord Africa in particolare.
Molinari ha sottolineato come la decomposizione degli Stati arabo-musulmani creati nell’ultimo secolo conduca a un dilagare di rivolte che fanno riemergere i clan tribali, come fonte di aggregazione sociale, economica e militare, con i jihadisti che ne esprimono la dimensione più sanguinaria.
Altro tema “caldo”, affrontato nella serata, il fenomeno dei migranti, che crea un collegamento diretto fra l’indebolimento degli Stati da cui provengono e il malessere sociale di quelli dove arrivano, in Occidente.
Il ritorno delle tribù è secondo Molinari la cartina al tornasole dell’indebolimento degli Stati nazionali, chiamati ad affrontare tali sfide da cui possono uscire rafforzati o dilaniati.
«Le democrazie industriali si trovano davanti a una doppia temibile sfida che ha origine dall’indebolimento degli Stati nazionali: il jihadismo dall’esterno, il populismo dall’interno. Diverse per genesi, identità e pericolosità, entrambe le minacce possono fiaccare in maniera strategica l’Occidente, e hanno bisogno di risposte urgenti capaci di respingerle e, in ultima istanza, batterle»: non appaiono certo tranquillizzanti le parole che Maurizio Molinari usa nel suo libro
Già con Jihad. Guerra all’Occidente, mentre ne Il califfato del terrore aveva iniziato a riflettere sulle minacce provenienti dalle aree di crisi e in particolare su quelle Rivolte nell’Islam in cui si è collocata l’affermazione dell’Isis.
Per provare a capire meglio un mondo che appare sempre più complicato serve una chiave di lettura, dice Molinari, in grado di collegare fenomeni diversi e di individuare le motivazioni profonde del crescente disordine. E questa chiave di lettura è il tribalismo, alimentato nel mondo arabo dal crollo dei regimi dispotici e in Occidente dal “corto circuito economico avvenuto all’interno della globalizzazione”.
(27 ottobre 2017)