Oltremare – Diplomazia
Quella faccia da ragazzino, che in uno stato di zen assoluto canta il proprio inno nazionale sapendo che nessun microfono lo catturerà, ma sapendo anche che tutte le telecamere disponibili ne guarderanno il labiale. Ecco un’immagine che ha qualcosa di iconico, e allo stesso tempo di assurdo. Il video di Tal Flicker ha fatto il giro del mondo nel fine settimana: lui sta in piedi sul podio più alto del Gran Slam di Abu Dhabi senza bandiera e perfino senza le iniziali ISR sulla maglietta, con il commentatore sportivo che dice che Tal gareggia per la Federazione (e non invece per Israele), e poi esita un attimo e annuncia l’inno della Federazione che parte fuori tempo. Il tutto è già ridicolo fin qui. Ma quando le telecamere comunque inquadrano il vincitore con la medaglia d’oro al petto, che sta chiaramente cantando qualcos’altro, e cioè l’Ha-Tikva, l’effetto è un assurdo che nessun Jonesco e nessun Beckett avrebbero mai potuto allestire. Come se Israele non stesse per compiere settant’anni (fra poco più di sei mesi). Come se non fosse mai nata. Come se quel ragazzino dalla faccia zen non fosse in potenza una quarta generazione, nata nello Stato ebraico. Con la sua sola presenza lì, a quella gara, scardina tutta la messa in scena fatta per annullare la sua nazionalità. Ma gli Emirati Uniti preferiscono coprirsi di ridicolo con una sceneggiata che va contro il tempo e contro la ragione, per non dire contro la diplomazia internazionale e contro la stessa International Judo Federation che aveva richiesto che i contendenti israeliani fossero trattati egualmente, e quindi secondo la loro nazionalita’, anche sul podio. Ma sorpresa, in barba agli Emirati i social media lo hanno premiato, probabilmente anche per la compostezza. Ha fatto di più una faccia zen di mille comunicati ufficiali allarmati, insultati, offesi. Questo Tal Flicker farà strada, dopo il Judo sarebbe bello vederlo al ministero degli esteri che non è ai suoi massimi storici.
Daniela Fubini, Tel Aviv
(30 ottobre 2017)