La luce dietro la siepe
Tal Flicker ha appena vinto un oro nella sua categoria nel Grande Slam di judo, svoltosi in Abu Dahbi, un emirato facente parte degli Emirati Arabi Uniti. Quando Flicker ha vinto, non è stata issata la sua bandiera né si è suonato l’inno di Israele. Dimostrando, però, che l’autarchia aveva qualche cosa di buono, se l’è cantato da solo. Il codice morale del judo, opera del fondatore di questo sport, Jigoro Kano, prevede degli obblighi etici che incoraggiano l’amicizia, il coraggio e l’onore e, anche ad un approfondito esame, non sembra che contenga codicilli o postille che, a un dipresso, recitino una previsione del tipo: “naturalmente sono esclusi gli ebrei e gli israeliani”.
Se la vita degli ebrei (sembra che in Israele ve ne siano) è difficile, anche quella delle loro controparti non è tutta rose e fiori. Tutte le religioni e da ultimo i nazisti ebbero ad imporre in diverse epoche la Stella gialla agli ebrei, perché è vero che sono diversi dagli altri ma, per sicurezza, era meglio contrassegnarli. Nel 2017, invece, coloro ai quali stanno antipatici gli israeliani si sono posti l’esigenza inversa; Tal Flicker non doveva gareggiare con la stella di Davide della sua bandiera, ma piuttosto doveva farne sparire ogni traccia. Un tempo, insomma, per gli ebrei vi era l’obbligo di indossare la Stella di Davide, mentre ora spunta il divieto.
Tuttavia, la pazienza del team israeliano sembra essere stata largamente ripagata, perché poco dopo i responsabili dello sport di Abu Dahbi, pur senza scusarsi per i fatti sopra descritti, hanno comunque porto le loro scuse per la mancata stretta di mano dei loro atleti ai loro avversari israeliani. I responsabili del team israeliano hanno quindi dichiarato di essere stati trattati bene, ed è anche filtrata l’intenzione, per le prossime volte, di rivedere l’intero comportamento dell’Emirato in quest’ambito. Buona volontà e pazienza potrebbero pure essere ripagate con altrettanta buona volontà; è un’indicazione che potrebbe essere utile per tutti: meno animosità e una maggior distensione potrebbero pure bastare. Intanto, se si iniziasse ad affrontare anche in Italia queste spinose problematiche con uno spirito meno rissoso, si potrebbe dare un contributo non minore alla causa della pace.
Emanuele Calò, giurista