Pagine Ebraiche di Novembre
Miramare, arte e natura
Un castello per l’Europa”

La stima di un milione di visitatori alle porte e un posto saldo sulla vetta dei luoghi di maggiore richiamo turistico in Italia non bastano. La concessione della piena autonomia gestionale e strategica di cui solo pochissimi musei statali possono godere non è sufficiente. L’unificazione sotto un’unica guida del museo nel mitico castello proiettato nelle acque all’apice del Mediterraneo, del prezioso parco botanico, il contorno dell’inimitabile parco marino che tutela tutte le acque circostanti, sono solo una premessa. Appena arrivata da Gerusalemme a Trieste per assumere la guida del polo di Miramare, Andreina Contessa è in corsa contro il tempo. L’esperienza del rilancio del piccolo, prezioso museo d’arte ebraica italiana Umberto Nahon, un’operazione culturale coraggiosa che ha attirato l’attenzione delle massime autorità israeliane e di tutto il mondo ebraico, ha lasciato il segno. E a Miramare sta per aprirsi un grande laboratorio su cui il ministro del Beni culturali Dario Franceschini mostra di credere fermamente. Per salutare la nuova direttrice, festeggiare la svolta e l’inizio del rilancio del polo culturale che sta nei sogni e nei progetti di viaggio di mezza Europa, è arrivato a Trieste a bordo di un treno storico che simboleggiava il ricongiungimento delle antiche strade ferrate che hanno fatto l’Europa. La linea Meridionale (Trieste-Vienna) e la Transalpina (Trieste-Boemia), il prestigioso museo ferroviario che sorgerà nella stazione di Trieste Campo Marzio e l’incantevole stazione ferroviaria di Miramare meta prediletta di Elisabetta d’Asburgo e a lungo dimenticata ai margini del parco. Con il ministro erano a bordo, a lanciare un troncone determinante del grande cantiere per valorizzare un’Italia grande centro di richiamo culturale e turistico, il governatore del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Renato Mazzoncini e il presidente della Fondazione Ferrovie dello Stato Mauro Moretti.
La riapertura delle grandi vie di comunicazione ferroviaria, il patrimonio di un parco botanico unico nel suo genere, il prezioso parco marino, il mitico bianco castello che l’arciduca Massimiliano d’Asburgo volle proiettato nelle acque. Da dove parte la sfida di questo nuovo incarico?
C’è – spiega Andreina Contessa – l’ambizione di rinnovare e di ridisegnare nel rispetto rigoroso della tradizione. Ma anche vanno valorizzate enormi potenzialità ancora non espresse. Miramare è una realtà complessa, un patrimonio per l’Italia e per l’Europa di domani. È già meta di numerosissimi turisti che giungono da ogni parte del mondo, è un luogo del cuore e una componente essenziale per tutti i triestini. Si tratta ora di ridefinire un
ruolo coerente e aperto per questo patrimonio.

Quale filo conduttore?
Il legame fra arte e natura. Questa è la ricetta, la combinazione che può fare di Miramare un luogo unico, crescere ben al di là del mito già presente. Ma si tratta di un’operazione delicata, da intraprendere anche per recuperare lunghi tratti di storia in cui l’oblio e la trascuratezza hanno lasciato segni profondi. Si tratta di mettere assieme competenze molto diverse e farle funzionare in uno spazio comune. E per questo ho voluto cominciare questo lavoro con una giornata d’incontro dove assieme a molti esperti di grande fama potessero esprimersi anche dei giovani professionisti che a Miramare hanno dedicato i loro studi e le loro tesi.

Da dove cominciare? Come lavorare?
È ancora presto per dirlo. Affrontate le prime emergenze bisogna pensare a una realtà che funzioni come sistema coerente. Le serre di Massimiliano dovrebbero tornare per esempio al loro ruolo di incubatore di specie botaniche di pregio. Ma al tempo stesso possono avvicinare attraverso iniziative didattiche i numerosi visitatori a esperienze di profonda immersione in un ambiente naturale straordinario. E il dilemma fra interventi filologici e interventi creativi può essere superato combinando al rigore accademico anche la necessità di aprire al pubblico spazi di bellezza ed esperienze appassionanti di conoscenza.

Come?
Se Trieste oggi non è più solo, come ai tempi di Massimiliano, l’affaccio sul Mediterraneo della Mitteleuropa, se non è più solo luogo di incontro e snodo delle etnie e delle minoranze, ma a queste sue vocazioni si aggiungono la valenza di grande polo della ricerca scientifica o di piazza di scambio del caffè, credo che anche un progetto per Miramare ne debba tenere conto. Abbiamo bisogno di luoghi di conferenze e di incontro.

E la ferrovia? La riscoperta della piccola stazione di legno e vetro fra mare e Carso che vide i viaggi di Sissi e Carlotta del Belgio?
Non si può parlare di Miramare senza parlare di trasporti. L’accesso al castello e la presa di contatto con l’area, che oggi avviene nell’esperienza del visitatore prevalentemente via terra, offre del castello e del parco una visione distorta. In realtà è facile comprendere come il progetto di Massimiliano vedesse l’accesso al castello da diverse prospettive, dal mare, dalla ferrovia. Tutte potenzialità che dobbiamo recuperare anche a beneficio dei visitatori. Il messaggio del ministro Franceschini è stato molto chiaro e diretto.

Come si manifesta l’impegno del governo?
Un mandato chiaro a preparare il piano di rilancio e di riassetto. E il finanziamento immediato dei primi urgenti lavori di sistemazione del parco di quattro milioni di euro. E questo è solo il punto di partenza, la sistemazione definitiva di un grande polo per la cultura e lo svago nell’area è un progetto molto complesso.

L’esperienza maturata a Gerusalemme e il grande lavoro di valorizzazione dell’arte dell’ebraismo italiano potranno aiutare?
Certamente. Sul lavoro di sistemazione e rilancio del Museo di arte ebraica italiana ho investito molto e imparato anche di più. Ma più in generale devo dire che gli anni di studio e di docenza trascorsi all’Università Ebraica e la profonda immersione nella società israeliana mi hanno segnato profondamente. Si tratta di un mondo dove l’amore per la ricerca e lo studio, per l’apertura mentale e la discussione senza pregiudizi, il gusto di andare a fondo dei problemi, le qualità umane e intellettuali, costituiscono una riserva preziosa.

E il lavoro al Museo Nahon?
È stata la logica conseguenza di queste esperienze. Ma quello che mi ha più impressionata, al di là del nostro sforzo di dare alla cultura dell’ebraismo italiano un museo degno di questo nome, è stata la rispondenza dell’apparato statale israeliano, l’attenzione con cui siamo stati seguiti e valorizzati pur rappresentando una componente piccolissima nel quadro di un patrimonio artistico e culturale immenso.

Cosa possiamo imparare dall’esperienza israeliana?
In Italia siamo ancora vincolati al concetto che la cultura rappresenta un costo, un gravame. In Israele, come in molti altri luoghi, l’idea che la cultura significa benessere, progresso, ricchezza si è fatta strada più fortemente. Proprio per questo lavorare oggi nelle istituzioni della cultura italiana, raccogliere la sfida e far crescere il Paese nella valorizzazione del proprio patrimonio, mi sembra appassionante.

Quali i prossimi impegni in agenda? I sogni nel cassetto?
Ovviamente il primo impegno è mettere a punto e rilanciare l’area di Miramare valorizzandone ogni sua potenzialità, ma al di là di questo è importante che il castello, così amato dai triestini e dai tanti visitatori entri da protagonista nei grandi appuntamenti che ci attendono. A cominciare dal ruolo di capitale della scienza che Trieste assumerà dal 2018 per un triennio. I centri della cultura, i musei in particolare, non devono solo custodire tesori, ma devono aprirsi alla società, divenire luogo di incontro e di frequentazione, non solo di visita sporadica. E devono essere un luogo di confronto e di ridefinizione identitaria.

Anche la realtà degli ebrei italiani trova spazio in questa visione?
Certo, e anche Miramare potrà fare molto da questo punto di vista. Non è un caso, del resto, che uno dei progetti più ambiziosi e più importanti su cui punta il Governo e i poteri locali, sia proprio il Museo dell’ebraismo italiano che sta prendendo forma a Ferrara. Sarà un banco di prova importante con cui la realtà ebraica e l’insieme della società italiana dovranno necessariamente misurarsi. Un’altra sfida appassionante.

Guido Vitale, Pagine Ebraiche Novembre 2017