Setirot – Ambiguità e veleni
Tariq Ramadan, noto e discusso teologo musulmano, vera e propria star del mondo islamico occidentale – non a caso chiamato “il Profeta svizzero” perché nato a Ginevra 55 anni fa – è stato sospeso dall’Università di Oxford dove aveva la cattedra di Studi islamici contemporanei all’Oriental Institute del St Antony’s College. La motivazione è secca: è stato formalmente accusato di stupro in Francia e di abusi sessuali su ex studentesse in Svizzera.
Fatto salvo il principio che nessuno è colpevole fino al momento della condanna, di Ramadan vanno ricordate un paio di cose. Il suo essere sempre stato estremamente ambiguo nelle sue posizioni (“aperte” se esposte in ambito occidentale, appunto, e ben più “chiuse” quando rivolte all’interno del mondo musulmano più integralista). Eppoi il suo essere ambiguo – di nuovo! – anche nei dibattiti pubblici su temi non specificatamente teologici. Ne so qualcosa. Alcuni anni fa, infatti, nell’ambito del Quinto salone del libro storico, nel Tempio di Adriano a Roma, fui invitato a discutere di “Islam tra conflitto e dialogo” insieme a lui, Khaled Fouad Allam e Wlodek Goldkorn. La sua abilità nello sgusciare tra le domande (oltre che, va detto, alla indiscussa preparazione) si dimostrò straordinaria e insieme rivelatrice della suddetta ambiguità.
Ma in realtà della vicenda Ramadan/stupro-e-dintorni (ripeto: manca una condanna formale) c’è un aspetto che ho trovato altrettanto preoccupante nonché sintomo del veleno e dell’odio che regna. L’avvocato della principale accusatrice, l’ex salafita divenuta scrittrice e militante della laicità, Henda Ayari, ha sporto denuncia per minacce di morte alla sua assistita, bollata in Rete come, ovviamente, «pagata dai sionisti». E la giornalista della Tribune de Genève che ha raccolto le testimonianze delle ex studentesse molestate è stata messa sotto scorta dagli organi di sicurezza.
Stefano Jesurum, giornalista
(9 novembre 2017)