La Polonia nera spaventa
Sessantamila nazionalisti in marcia per le strade di Varsavia, nel giorno in cui la Polonia festeggiava il 99esimo anniversario della propria indipendenza. Estremisti di destra, neofascisti e xenofobi sono giunti da tutta Europa (tra cui l’italiano Roberto Fiore, di Forza Nuova). E invece di parole di biasimo, dal governo hanno ricevuto lodi sperticate e apprezzamenti. Ecco perché, scrive Repubblica, “la Polonia nera deve spaventarci”.
Agghiacciante la ricostruzione del corteo, fortemente condannato tra gli altri dal governo israeliano: “‘Polonia pura, Polonia bianca, Europa bianca’, ‘fuori i rifugiati’, hanno scandito sabato sera i dimostranti. Uno striscione appeso a un ponte nella capitale diceva ‘Pregate per un Olocausto dei musulmani’. Un giovane manifestante, intervistato sabato sera in diretta dalla Typ, la televisione pubblica, ha affermato: ‘È opportuno cacciare l’ebraismo dalle stanze del potere’. Tra i simboli sventolati dai manifestanti c’era anche la falanga, che era un emblema dell’estrema destra antisemita polacca negli anni Trenta”.
La filosofa Agnes Heller, in un’intervista, afferma: “Situazione brutta, davvero. La Storia passata torna tra noi, irrompe nel presente come vendetta. Insisto, sessantamila nazionalisti in piazza con quegli slogan nel più grande paese del gruppo di Viségrad sono un segnale grosso. E la contro dimostrazione era molto piccola. Stiamo andando giù tutti, l’Europa appare malata”.
Invita comunque a non perdere la fiducia il giornalista e scrittore Wlodek Goldkorn: “Come allora, anche oggi, alla gretta ideologia dell’identità etnico religiosa, appoggiata da gran parte della Chiesa (con lodevoli e significative eccezioni) si oppone una visione di nazione formatasi con la partecipazione di diverse culture, pluriconfessionale, socialisteggiante, tesa verso l’Europa e il Mediterraneo. È una Polonia in questi giorni spaventata, ma che molto presto rialzerà la testa, perché ha un’altra, altrettanto antica e radicate tradizione: laica e multiculturale”.
Su La Stampa si racconta un pomeriggio per le strade di Beirut, nell’attesa che il quadro sul futuro del paese sia più chiaro. Anche con riferimento alla vicenda che vede protagonista Saad Hariri, il premier dimissionario che è ancora a Riad (non si capisce se da cittadino libero oppure se trattenuto contro la sua volontà). C’è timore di un imminente conflitto, ma la vita va comunque avanti. “Una città che andava a ballare anche sotto i bombardamenti durante la guerra civile – si legge – non cambia le sue abitudini. La maratona è stata affollata come se niente fosse, la corsa si è srotolata dal margine di Burj Hamoud attraverso i quartieri vicini al mare e poi lungo la Corniche, la passeggiata che culmina alle Rocce dei Piccioni, l’immagine iconica di Beirut. I tavolini dei locali si sono riempiti di gente che si è fermata a metà strada e ha preferito prendersi un aperitivo”.
Sul Messaggero si racconta la presentazione di “Il vento e il melograno”, volume dedicato alla fotografia israeliana contemporaneo al centro di un evento svoltosi al Maxxi. Ad essere segnalata è anche la prossima presentazione del PKF- Pitigliani Kolno’a Festival, giunto alla 12esima edizione.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(13 novembre 2017)