Periscopio – Un’unica battaglia

lucreziIl recente, brutale pestaggio del giornalista Daniele Piervincenzi, avvenuto mercoledì scorso, non è che l’ultimo anello di una sinistra catena di attacchi e intimidazioni che, da ormai molti anni, vengono sistematicamente rivolti contro la libera informazione del nostro Paese. È ben comprensibile che siffatte aggressioni siano messe in atto dai poteri malavitosi, che, per la realizzazione dei loro loschi piani di sopraffazione, violenza e malaffare, vedono giustamente nei giornalisti liberi e coraggiosi un fastidioso intralcio (al pari di poliziotti e carabinieri: ma, tra i cronisti e gli esponenti delle forze dell’ordine, è naturale che i “cuor di leone” mafiosi preferiscano picchiare i primi). Non dovrebbe essere normale – e sarebbe inaudito in qualsiasi Paese civile -, invece, che tale proterva intolleranza, fino e oltre i confini dello scontro fisico, sia apertamente manifestata da importanti forze politiche, per le quali qualsiasi libera critica è considerata lesa maestà, e gli unici giornalisti bravi sono quelli servili o prezzolati. Ricordiamo bene quando, durante il comizio di un importante partito “nordista”, il capo indiscusso ordinò, dal podio, che tutti gli addetti all’informazione fossero cacciati, ottenendo una pronta esecuzione dell’ordine da parte dei suoi buttafuori. E più di recente, al congresso di quello che è ormai il primo partito italiano, i cronisti sono stati accolti da insulti, sputi e spintoni, notizia accuratamente taciuta dall’organo ufficiale del movimento (per i cui redattori, evidentemente, l’unica deontologia professionale è quella del compiacimento del proprio pubblico e del proprio editore).
Durante gli anni di piombo, tanti coraggiosi giornalisti (ricordiamo solo, per tutti, i nobili nomi di Carlo Casalegno e Walter Tobagi) sono caduti sotto il piombo assassino, accanto a tanti coraggiosi magistrati, poliziotti, sindacalisti, professori, politici. Oggi, per fortuna, ciò non accade (ancora?), ma mi pare che, all’epoca, ci fosse, per le vittime, più solidarietà. Ora, invece, sembra prevalere una diffusa coltre di indifferenza, silenzio, omertà e, se colpiscono qualche addetto all’informazione, per molti non è poi tanto grave. Ma forse non c’è da stupirsi tanto di questo: una libera informazione è presidio indispensabile di civiltà, libertà e democrazia, e quanti sono, oggi, ad avere a cuore tali valori? Meglio zittirla, la stampa, e sostituirla completamente con il web, dove ognuno è libero di scaricare in tutta libertà il proprio odio e la propria vigliaccheria, inondando la rete di ogni genere di oscenità; dove nessuno controlla la veridicità di quanto scritto, dove tra la bufala e la notizia non c’è differenza alcuna (dove, anzi, conta solo la prima). Più facile, più comodo, più “democratico”. Uomini come Piervincenzi – che ha risposto al bestiale gesto con parole di assoluta serenità e limpidezza, a testimonianza dell’abisso morale che lo separa dal suo aggressore e dai suoi supporter – o come Federica Angeli – costretta, nella stessa sfortunata municipalità di Roma, a vivere sotto costante scorta, solo per avere fatto il suo dovere di cronista, venendo per ciò concretamente minacciata di morte, insieme ai suoi figli – rappresentano, certo, il volto migliore del nostro Paese; ma sono anche il simbolo vivente dei tempi bui che stiamo vivendo, di una notte che si fa sempre più scura. E, accanto a loro, ricordiamo anche un coraggioso cronista napoletano che, da molti anni, va ogni giorno nelle zone di frontiera della Campania, cercando sempre esclusivamente di raccontare i fatti per quello che sono, con l’unico scopo di offrire un’informazione libera, onesta e corretta. La scorsa estate, recatosi a fare chiarezza in una situazione opaca dell’hinterland, dove erano state denunciate delle illegalità, armato solo del suo cellulare, è stato selvaggiamente picchiato da due energumeni (uno lo teneva fermo, l’altro colpiva), riuscendo tuttavia, pur sotto la gragnola di colpi, a non farsi strappare il prezioso telefono mobile, dove erano custodite quelle interviste e quelle foto per lui tanto importanti, in quanto documenti di verità. Il cronista si chiama Giuseppe Crimaldi, che è anche il Presidente dell’Associazione Italia-Israele di Napoli, e il Vice-Presidente della Federazione delle Associazioni Italia-Israele (che proprio a Napoli, sabato e domenica prossimi, svolgerà il proprio annuale Congresso nazionale). Quando mi ha chiamato, subito dopo l’aggressione, con la voce ancora alterata per la brutta esperienza subita, ha impiegato solo i primi minuti della telefonata a raccontare l’accaduto (per il quale mi auguro di cuore che la magistratura accerti rapidamente le responsabilità, come sta efficacemente facendo per il caso di Ostia), ma è poi subito passato a parlare del Congresso, per la cui migliore riuscita, insieme al Presidente e al Consiglio Direttivo della Federazione, si sta tanto prodigando.
Chi si espone per Israele, pur senza essere un eroe, è abituato a correre qualche rischio. Stavolta Giuseppe è stato colpito per altre ragioni. O forse no, non è vero. Combattere contro la sopraffazione e la violenza, per la giustizia e la libera informazione, in Israele come a Scampia, a Forcella come a Gaza, in fondo, è un’unica battaglia.

Francesco Lucrezi, storico