Rav Laras, il ricordo dei rabbini
“Un Maestro in tutti i sensi”
Un Maestro, un punto di riferimento, un amico. Tutto il rabbinato italiano piange la scomparsa di rav Laras.
“Un grande Maestro, una guida per la nostra Comunità della quale è stato per 25 anni rabbino capo. Figura di altissimo spessore culturale e umano, ha segnato un’epoca dell’ebraismo milanese e italiano, ma non solo”. Così il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib, insieme ai presidenti Raffaele Besso e Milo Hasbani, al Consiglio, alla Giunta, al Segretario Generale. “Rav Laras – viene spiegato – ha dato impulso al Dialogo interreligioso con sincerità e coraggio; ha divulgato i valori e il Pensiero ebraico diventando un punto di riferimento costante, per la sua levatura intellettuale e spirituale”.
Parla di “grande vuoto” il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni. “Non c’è stato evento negli ultimi decenni di storia ebraica italiana in cui non si sia sentito il peso della sua voce, dei suoi insegnamenti, dei suoi consigli”. E in questo, osserva, rav Laras è intervenuto “come sopravvissuto alla Shoah, come Maestro ricco di dottrina e di esperienza, come cittadino preoccupato degli sbandamenti della società”. Sempre pacato nella forma, afferma il rav Di Segni, “ma deciso nei suoi principi” e “senza timore di andare controcorrente”.
Settanta anni di conoscenza per l’ex presidente dell’Assemblea rabbinica italiana Elia Richetti. “A livello umano, ho sempre provato per lui un grande affetto. A livello rabbinico, mi hanno sempre colpito la sua preparazione e sensibilità. Perché talvolta poteva sembrare distaccato – spiega – ma invece non lo era affatto”. Il ricordo va così al periodo degli studi in yeshivah a Gerusalemme, con rav Laras che personalmente si informava dei suoi progressi, lo seguiva da vicino, veniva a trovarlo a casa. Di questi ultimi mesi, a colpirlo la “lucidità” e “l’intelligenza” con cui ha affrontato ogni giorno. Anche quelli più difficili.
Per il rav Roberto Della Rocca, direttore dell’Area Cultura e Formazione UCEI, rav Laras ha avuto “la grande saggezza di capire e sapersi adeguare ai tempi”. E la capacità di saper leggere, cogliere l’istante. “Si è sempre aggiornato – riflette – e con la sua leadership è stato in grado di portare l’ebraismo italiano fuori dal provincialismo. Su un piano religioso, ma anche culturale”.
Una lunga collaborazione, nell’Assemblea rabbinica e nella Consulta. “L’ho sempre sentito vicino, sempre pronto a confrontarsi. Sempre pronto a dare l’esempio. E la sua è stata davvero una vita esemplare, anche nel modo in cui ha saputo reagire alla Shoah”.
“Quella di rav Laras è stata una presenza e una figura di Maestro che ha segnato diversi momenti della mia vita” sottolinea il rabbino capo di Genova rav Giuseppe Momigliano. A partire da quando rav Momigliano era allievo alla scuola rabbinica Margulies e rav Laras l’esaminatore. Quindi, diventato anche lui rabbino, una lunga collaborazione che ha avuto positivi riflessi per la Comunità ebraica genovese (di cui è stato riferimento sia per il tribunale rabbinico, sia per altre problematiche). “Fino all’ultimo è stato disponibile, un Maestro nella sua umanità” dice rav Momigliano. E come presidente dell’Ari, la sua valutazione, ha saputo attuare scelte “coraggiose” e “lungimiranti”.
A lungo suo studente al Collegio rabbinico, il rabbino capo di Firenze Amedeo Spagnoletto dice: “Era un maestro non solo perché aveva dottrina come pochi, ma perché conosceva profondamente l’ebraismo italiano, grazie alle sue esperienze di guida in varie comunità. Conosceva le persone, una delle qualità che più fanno di una guida religiosa un rav in senso pieno”.
Proprio a un suo allievo, rav David Sciunnach, il rav Laras ha affidato la guida del Tribunale Rabbinico del Centro Nord-Italia. “Voglia il Santo e Benedetto accompagnare questo difficile e delicatissimo lavoro, vegliando sulle nostre Comunità. In particolare – scrive il rav Laras nel suo testamento spirituale – prego le persone la cui ebraicità è stata dichiarata da questo Tribunale ad aver coscienza del dono loro fatto, con tutte le responsabilità e gli oneri che ne conseguono, invitandole a rafforzare la loro vita ebraica in seno alle comunità di appartenenza”.
(16 novembre 2017)