Shir Shishi – Il Cantico dei Cantici alla vigilia di Shabbat
In onore di Guido Ceronetti e per il suo novantesimo compleanno.
L’altro giorno, il Centro Pannunzio ha svolto a Torino un convegno in onore del saggista, poeta, traduttore, uomo di teatro e giornalista Guido Ceronetti, che tra le diverse traduzioni dal latino ed ebraico si è occupato, o meglio, ha scrupolosamente indagato, il Cantico dei Cantici. Nel 1975, Ceronetti ha ricreato la parola del Canto in italiano, l’ha riplasmata, studiata e scritta, creando un unicum di materia linguistica che aspira alla radice stessa di ogni Davar, parola e cosa. Mentre preparavo il testo sulla Megillah, mi venivano in mente le affermazioni di Rabbi Akiva e la storiella hassidica del nostro maestro di Breslaw:
Rabbi ‘Aqiva ha detto: “Il mondo non è mai stato un luogo meritevole come quando fu dato il Cantico dei Cantici al popolo di Israele; tutto quello che vi è scritto è santo ma il Cantico dei Cantici è più sacro di ogni sacralità”
Rav Nachman, da parte sua, aggiunge: Un terribile racconto sulla recita intonata e colma di devozione del Cantico dei Cantici. Si narra di un ebreo, un semplice artigiano, che non aveva avuto la fortuna di studiare tanto, ma aveva preso l’abitudine, ogni venerdì pomeriggio, di andare a immergersi nel bagno rituale. Dopo il bagno indossava i vestiti del sabato e si metteva seduto nell’angolo della sua casa a recitare il Cantico dei Cantici, parola per parola, ben intonato e con grande gioia. Era solito prolungare la lettura fino a due ora circa. Dopo la sua morte, nel giudicare il suo operato la corte dei cieli lo destina a scendere negli inferi e lo consegna al Responsabile della Geenna. In quel preciso istante si ode un accenno al Canto dei Cantici con una meravigliosa intonazione, una melodia piacevole e attraente che continua finché ogni movimento delle ruote, incluso il fuoco dell’inferno, non cessa. Anche il Responsabile, pure lui attratto dal canto, si ferma in attesa che quella voce si interrompa ma la melodia continua a crescere e quando il Responsabile si accorge che perfino il fuoco dell’inferno si è bloccato, va su tutte le furie e convoca lo Shamas (l’inserviente) affinché riporti indietro l’uomo, poiché fintanto che lui è presente, il Cantico dei Cantici e la sua musica non finiscono. E finché non finiscono di suonare le ruote degli inferi restano ferme. L’inserviente riporta l’uomo al Tribunale Supremo che emette la sua sentenza: l’uomo viene liberato e portato al cospetto dell’Onnipotente. Alla sera di sabato il defunto appare in sogno al rabbino della città e gli racconta tutta la faccenda per poter diffondere la virtù su tutta l’assemblea. E scrisse il nostro maestro Rabbi Nahman di Breslaw, che sia ricordato in benedizione il Suo nome, “Tutte le medicine che si trovano nel mondo sono indicate e incluse nel Cantico dei Cantici, ed esso serve a ciascuno che necessiti di un medicamento o di una qualche salvezza, affinché la persona possa essere “visitata” dalla benedizione della salvezza e della misericordia, insite nella recita del Cantico dei Cantici.
Sarah Kaminski, Università di Torino