continuità…

Leillui Nishmàt Harav Yoseph Laras z.z.l
Nella Parashà di Toledòt, nel mezzo delle vicende relative a Giacobbe ed Esaù, la Torà ci racconta dello sforzo che ha fatto Isacco per riaprire i pozzi già scavati da suo padre, che i Filistei avevano ostruito, e a nominarli fedelmente secondo l’indicazione di Abramo (Bereshìt; 26, 15-18). La benedizione divina si mostra proprio attraverso la volontà di Isacco di non lasciare i pozzi asciutti. È noto che il pozzo, come ogni sorgente di acqua, rappresenta la Torà. In questa ottica Isacco – il primo ebreo sopravvissuto a uno sventato sacrificio – compie lo sforzo di andare a cercare l’acqua viva sotto la superficie, una speranza , un impegno nell’ottica di ottimismo. Ma anche la responsabilità di ritrovare una anteriorità, un lavoro che Abramo ha fatto per Isacco e che Isacco deve fare per Giacobbe. Scavo non solo per me, ma per insegnare, per condividere, senza competizioni economiche ed intellettuali. Se vengo contestato rifaccio il tentativo, la necessità di ricominciare ogni volta di nuovo anche se la polvere vanifica tutto.
Questa è stata la grande operazione che rav Giuseppe Laras z.z.l ha fatto con costanza e competenza in tutta la sua tormentata vita. Rimettendosi a scavare quei pozzi di Torà che i suoi predecessori avevano aperto e che i Filistei del nostro tempo hanno tentato di polverizzare e otturare per sempre. Rifacendo lo stesso lavoro, ripensando, cercando dentro di se la capacità del chiddùsh, dell’innovazione. Non c’è studio senza novità e rinnovamento. Studiare la Torà vuol dire essere in grado, nella ripetizione di dire novità. In questa settimana di lutto per la scomparsa di rav Laras, iniziata proprio con la Parashà di “Toledòt”, che noi traduciamo generalmente con “genealogie, generazioni”, ma che potremmo tradurre anche come “storie” – come se ogni progetto si costruisse nelle “Toledòt”, attraverso le “generazioni”-, dobbiamo rinnovare l’impegno a sviluppare i suoi preziosi insegnamenti.

Rav Roberto Della Rocca

(21 novembre 2017)