…rodef

In ebraico si chiama Din Rodef, ossia la ‘Legge dell’inseguitore’, applicabile a chi insegua qualcuno per ucciderlo. Ne parla il Talmud Babilonese (Sanhedrin, 73a). La persona la cui vita è messa in pericolo dall’inseguitore deve essere salvata anche a costo della vita dell’inseguitore. E l’inseguitore deve essere salvato (dal suo peccato) anche a costo della sua stessa vita.
Ora, Yigal Amir, purtroppo non è stato salvato dal suo peccato: nessuno è riuscito a fermare la sua mano assassina quando il 4 novembre 1995 ha sparato a Yitzhak Rabin uccidendolo. E la storia di Israele ha subito la svolta che abbiamo tutti sotto gli occhi.
Rabin è stato ammazzato perché rabbanim estremisti (a qualcuno non piacerà questa definizione) hanno dato il via libera all’assassinio segnando Rabin con il marchio del ‘rodef’, l’inseguitore con intenti omicidi, in quanto con gli accordi di Oslo e con le concessioni ai palestinesi, dicevano, aveva messo in pericolo la vita degli israeliani.
Qui, come al solito, si apre la strada ai dubbi e alle interpretazioni. Qualcuno potrebbe infatti sostenere che, oggi, e da diversi anni, il rodef è Netanyahu, che con la sua politica ha fatto morire tanti israeliani e ne sta mettendo in pericolo tanti altri. Ma qualcuno può anche argomentare che a mettere in pericolo la vita degli israeliani sono i palestinesi terroristi.
Ma qualcuno potrebbe anche proporre l’uso di una bilancia per verificare quanti israeliani avrebbe fatto morire Rabin e quanti ne ha fatti morire Netanyahu. Lì, in ogni caso, una congettura, qui una certezza.
Ma si affaccia forte il dubbio che la definizione di rodef’ si debba applicare non tanto a Rabin bensì allo stesso Yigal Amir. Rabin un rodef affermato e non dimostrato e Amir un rodef di fatto, provato e condannato.
Rabbanim estremisti, si diceva. È terribile, infatti, dover constatare che dei Maestri, che insegnano e fanno scuola e si fanno dei seguaci, armino la mano di un discepolo per mandarlo a uccidere. Quei discutibili Maestri sapevano di certo che prima di uccidere il rodef bisogna individuarlo con certezza, bisogna sapere che quello sia davvero un omicida potenziale, bisogna insomma appurarne e dimostrarne le intenzioni, la cui certezza è ben difficile da certificare. E sapevano anche, quei discutibili Maestri, che l’autorizzazione a uccidere il rodef non vale quando vi siano mezzi meno cruenti di impedire la morte dell’innocente. Come a dire: se proprio qualcuno voleva considerare Rabin un rodef, avrebbe potuto ricorrere alle armi della politica per renderlo innocuo, sconfiggendolo alle elezioni. Che sarebbe stato, oltretutto, un po’ più democratico.
Rambam (in Hilchot Rotzeach Ushmirat Nefesh) afferma che uccidere un rodef che avrebbe potuto essere fermato in altro modo, meno cruento, costituisce di per sé un assassinio. Giusto quindi che Yigal Amir sia stato condannato all’ergastolo come omicida, e non sia considerato un eroe, come qualcuno vorrebbe. Sembra ben poco discutibile, infatti, che l’inseguitore con intenti omicidi, sfortunatamente realizzati, fosse lui, Yigal Amir. E come rodef accertato non merita che il suo caso venga ridiscusso da un tribunale israeliano.
Lo stesso Ministro dell’Educazione, Naftali Bennet, non certo sulle posizioni politiche di Rabin, ha scritto su Twitter che “è necessario che l’assassino del Primo Ministro finisca i suoi giorni in prigione. Su questo argomento, non c’è destra e sinistra. Ogni assassinio è terribile, ma l’assassinio di un Primo ministro potrebbe lacerare il nostro paese”.
E Rambam, per così dire, aggiunge: “Il non aver pietà della vita del rodef è una delle mitzwoth negative”.

Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia