I jihadisti della porta accanto
Era pronto a fare attentati tra la folla, come scriveva anche su Facebook. Per questa ragione un 37enne marocchino, già noto alle forze dell’ordine e residente a San Colombano al Lambro, provincia di Milano, è stato espulso dall’Italia. “Si sviluppano tutte su un copione abbastanza ripetitivo le storie recenti degli aspiranti soldati dell’Isis. Un passato di criminalità di strada, tentativi più o meno convinti di integrazione, qualche peregrinazione in cerca di lavoro e sistemazione. Poi arriva il momento dell’innesco per le aspirazioni di guerra e martirio: in questo caso – scrive il dorso locale del Corriere – è stato il mancato rinnovo del permesso di soggiorno, connesso alle condanne”.
Su Repubblica si racconta la storia di un 15enne musulmano, nato in Italia da una famiglia di origine marocchina, che progettava attentati con un drone. Le forze dell’ordine hanno intercettato alcuni suoi interventi in una chat di aspiranti jihadisti e l’hanno fermato. “Momo (il nome è fittizio) ha solo 15 anni. Ma una preoccupata segnalazione dell’Antiterrorismo ha fatto entrare il suo appartamento, che si trova in un paesino in provincia di Lodi, nei radar dei detective. E il quindicenne è così finito in un carcere minorile, con l’accusa di terrorismo internazionale, articolo 270 bis. Nelle chat con il suo referente – si legge nell’articolo, intitolato ‘Il ragazzino che giocava alla Jihad’ – l’idea di armare un velivolo telecomandato con ordigni chimici”.
In un ampio approfondimento, il Corriere racconta come una parte significativa della comunità ebraica parigina stia lasciando i quartieri più difficili a maggioranza araba. “Dei 350mila residenti, 60mila si sono rifugiati altrove. Alcuni in Israele. Molti – scrive il Corriere – si stanno trasferendo in unico quartiere della capitale, accanto alla sinagoga in costruzione”.
Per quanto riguarda l’aliyah, l’emigrazione verso Israele, il Corriere riporta come nel 2015 questa sia stata la scelta di 8mila ebrei francesi, “i più numerosi al mondo per il secondo anno consecutivo”. Mentre tra quanti restano, viene segnalato, “molti scelgono di cambiare zona e di vivere raggruppati”.
“L’abbraccio tra Putin e Assad ridisegna il Medio Oriente” scrive La Stampa a proposito dell’incontro tra i due leader a Sochi. Un evento che, si legge, “potrebbe essere una solenne conferma del ruolo fondamentale svolto da Mosca nelle trattative per plasmare il futuro ancora incerto del paese levantino”. La Stampa parla di approccio pragmatico da parte del Cremlino, con Putin che continua a tenere attivo il filo delle comunicazioni anche con Donald Trump e il re saudita Salman, con i quali ieri ha discusso al telefono. Un confronto ha avuto luogo anche col premier israeliano Netanyahu, che – si legge – teme l’influenza iraniana nel Paese, accresciuta dal corridoio sciita fra Baghdad e Damasco, ed è interessato a una zona di de-escalation a sud, vicino al confine con la Giordania.
Sul Foglio si loda la scelta del musicista australiano Nick Cave, che ha deciso di esibirsi in Israele nonostante le forti pressioni in senso opposto del Movimento BDS. “Sarà anche il poeta oscuro del rock – scrive Il Foglio – ma la sua posizione è limpida: domenica scorsa Cave ha accusato il movimento anti israeliano BDS di cercare di dividere i musicisti, ‘bullandoli’ e ‘imbavagliandoli’, e ha detto di aver preso una posizione di principio”.
Su La Stampa una recensione de I maledetti, dalla parte sbagliata della storia di Andrea Colombo (ed. Lindau). E cioè la storia di sedici intellettuali, da Céline a Pound, coinvolti in gradi diversi nell’ideologia razzista e totalitaria dell’estrema destra.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(22 novembre 2017)