Periscopio – Miopia europea
Da napoletano, ho provato un grande sentimento di orgoglio, oltre che di gratitudine per tutti coloro che si sono prodigati per questo risultato – a cominciare dal presidente della Federazione, Maurizio Borra, e dal vicepresidente, nonché Presidente dell’Associazione di Napoli, Giuseppe Crimaldi -, di fronte alla splendida riuscita del XXVIII Congresso della Federazione delle Associazioni Italia-Israele, che ha avuto luogo nella capitale campana gli scorsi sabato 18 e domenica 19 novembre. Due giornate di dibattito intenso, serrato, costruttivo, che hanno visto confrontarsi proficuamente tante persone, giunte da quasi tutte le regioni d’Italia, ognuna delle quali portatrice di particolari sensibilità, idee e visioni, ma tutte accomunate dal comune amore per quella piccola, grande nazione, tanto antica e tanto moderna, tanto forte e tanto fragile, che appare, da sempre, una sfida vincente alle tenebre, un simbolo vivente di speranza, giustizia, libertà.
Uno splendido sole, il piacere dell’amicizia e le delizie della cucina partenopea hanno, certamente, reso a tutti il soggiorno particolarmente piacevole; ma non si può certo dire che i vari contenuti delle analisi proposte e ascoltate siano state, nel complesso, molto incoraggianti. I toni preoccupati e pessimisti, anzi, mi sono sembrati nettamente prevalere, così come la diffusa inquietudine di fronte alle nuove, cupe minacce che sembrano incombere sui cieli del Medio Oriente, dell’Europa e del mondo.
Tra i vari interventi succedutisi – tutti di alto interesse, e che hanno spaziato su uno scenario particolarmente ampio di temi e argomenti (dalla politica alla diplomazia, dall’informazione alla Memoria, dai populismi all’antisemitismo, alle ondate migratorie, le trasformazioni in atto nel mondo arabo, in Europa, America, Cina), in un intreccio di complesse analisi e domande, tese tra interpretazione del passato, analisi del presente e immaginazione del futuro -, momento di grande significato e intensità è stata una relazione, di non comune profondità e acume, pronunciata, domenica mattina, da Biagio De Giovanni, filosofo di prestigio internazionale, certamente uno dei più lucidi analisti del mondo contemporaneo, e delle grandi, potenti correnti carsiche che paiono – in modi nuovi e oscuri, e con un’inedita forza corrosiva e destrutturante – attraversarlo.
Tra le varie osservazioni formulate dall’oratore – impossibili da sintetizzare in poche righe -, particolarmente importante mi è parsa la denuncia della debolezza, miopia e inconcludenza del Vecchio Continente, che pare, da una parte, del tutto rassegnato al proprio destino di marginalità e impotenza, e, dall’altro, irrimediabilmente prigioniero di una visione del tutto falsata della realtà, tendente a rimuovere i problemi, come se non esistessero, per adagiarsi su comode e tranquillizzanti illusioni.
Nel ringraziare il Professore per il grande regalo che ci ha fatto, mi limito a riportare lo stralcio di un suo articolo apparso domenica scorsa – proprio il giorno della conferenza – su “il Mattino” di Napoli, direttamente collegato, nello spirito e nei contenuti, al suo intervento congressuale: “se volgiamo lo sguardo al travagliato Medio Oriente, non abbiamo un quadro più confortante, giacché una sconfitta dell’Isis (cosa indiscutibilmente positiva) sta creando una nuova egemonia tra Iran e Siria tutt’altro che rassicurante per il futuro di quella zona e dell’unica democrazia che la abita, Israele”. Parole che rappresentano un fondamentale quanto inascoltato grido d’allarme, e che vanno lette accanto a quelle, di altrettanta forza, pronunciate, il giorno prima, dall’ambasciatore d’Israele in Italia, Ofer Sachs: il radicamento di Hezbollah in Libano non è soltanto un’ombra, una propaggine dell’Iran, direttamente al confine di Israele, ma rappresenta una diretta presenza, davanti alla porta di casa, del criminale regime persiano, tanto vezzeggiato dall’Europa quanto terribilmente sinistro e pericoloso. Un minaccia che Israele non può in alcun modo tollerare, e che, se avesse almeno un briciolo di coscienza, non dovrebbe tollerare neanche l’Unione Europea. Ma i mezzi d’informazione continuano a mandare spot trionfalistici sull’avanzata dei “nostri” e la ritirata dei “cattivi”, sulla vittoria del bene, sulla prossima pace eterna e universale. Già, perché rovinare la festa? Se c’è qualche ombra, qualche pericolo, meglio non pensarci, meglio non vedere e non sentire. Tanto, alla fine, tutto si aggiusta. Tutto va bene, Madama la Marchesa.
Francesco Lucrezi, storico