volontà…
Nel voto che Ya’aqòv pronuncia dopo il sogno della scala e la relativa promessa divina, dice: “Se D.o sarà con me, se mi proteggerà…, se mi darà pane…, se tornerò in pace alla casa di mio padre…”. Commentando quest’ultima espressione, Rashì sostiene che essa si riferisce al tornare “integro senza peccato”. Che cosa gli impedisce di spiegare il versetto più letteralmente (cosa che Rashì afferma di fare in primo luogo), cioè che qui si tratta semplicemente del tornare serenamente e senza danni?
La risposta sta nella forma in cui la cosa è espressa: se si trattasse semplicemente della possibilità di tornare a casa in pace, il testo avrebbe dovuto dire “se mi farà tornare in pace”, facendo dipendere tutto da HaQadòsh Barùkh Hu, come tutte le altre condizioni precedenti; il fatto che l’azione sia indicata dalla prima persona indica che si tratta di qualcosa che non dipende dalla volontà divina, ma da quella umana, e noi sappiamo che – come insegnano i Maestri – “tutto è nelle mani di D.o, all’infuori del timor di D.o”, che dipende solo da noi.
Elia Richetti, rabbino