…pericoli

Il tifo sportivo è il terreno privilegiato di alcune dinamiche che tendono a semplificare la realtà rappresentandola come parodia della guerra. I supporters si sbeffeggiano e si provocano, a volte come singoli, più spesso in gruppi organizzati che da diversi decenni vengono chiamati ultras. In un simile contesto le normali regole della convivenza civile sembrano sospese. Buoni padri di famiglia, educati e apparentemente cittadini senza macchia, adottano linguaggi feroci e offensivi e si autorappresentano in vesti di potenziali guerriglieri. Ma non sempre è un gioco innocente, e la sentenza di condanna a Mladic, il boia di Srebrenica che diresse il pogrom sotto gli occhi non innocenti della civile Europa, sta lì a ricordarcelo. Parte della sua manodopera sanguinaria era composta dai supporters calcistici serbi, quelli che inneggiavano a un altro criminale di guerra, il famigerato comandante Arkan.
Quando ci permettiamo di prendere sottogamba gli eccessi violenti che troppo spesso vengono tollerati nei nostri stadi compiamo un’operazione colpevole di mancata vigilanza. Accettare come semplici sfottò insulti verbali o l’utilizzo indiscriminato di simboli della Shoah (la foto di Anne Frank) oppure l’uso di linguaggi apertamente razzisti e antisemiti non è più tollerabile. E mentre oggi il signor Diaconale sul quotidiano l’Opinione si lamenta perché si applicano due pesi e due misure sembrando non capire il nocciolo della questione, sarà bene sottolineare che le curve degli stadi non sono – oggi – un luogo dell’innocenza. Si tratta di un terreno di elaborazione politica estremistica e pericolosa, sulla quale è necessario vigilare per difendere le regole fondamentali della convivenza democratica. Non è una questione di colori della propria squadra, ma di regole del vivere civile. Il mancato riconoscimento della pericolosità di questa dinamica, il costante ricorso ad alibi e paragoni e al sempre vivo “benaltrismo” (malattia tutta italiana), rende connivente chi tollera la violenza verbale del tifo. Non molto tempo fa in molti, troppi, tacquero e osservarono con indifferenza la rapida trasformazione degli ignobili tifosi di Belgrado in massacratori in mimetica nelle colline di Bosnia.

Gadi Luzzatto Voghera, direttore CDEC

(24 novembre 2017)