…interpretazioni
Perché gli ebrei, secondo la barzelletta, amano rispondere a una domanda con un’altra domanda?
Forse per prendere tempo? Forse perché non sanno o non vogliono rispondere? Forse per prendersi gioco dell’altro?
Che cosa mai significa interpretare?
Non è raro sentirsi dire: “Eh, ma voi ebrei avete una marcia in più”. Io non credo che ci sia chi, per motivi genetici, ha una marcia in più. Credo invece nello stimolo che ti dà lo studio, nello spirito critico esercitato attraverso la ricerca e l’interrogazione.
Due angeli arrivano Sodoma, una città poco raccomandabile, e Lot li invita a casa propria. Ma la gente di Sodoma circonda la casa di Lot e chiede minacciosamente che le vengano consegnati quei due angeli. La richiesta non promette niente di buono, e Lot, che lo capisce, dice: “Io ho due figlie, che non hanno ancora conosciuto uomo. Lasciate che ve le porti, e fate ciò che sembra meglio ai vostri occhi. Ma non fate nulla a quegli uomini…”.
Le parole di Lot suonano terribili. Un padre che offre le proprie figlie per proteggere due ospiti! Un padre che preferisce l’estraneo alla carne della sua carne! È ovvio che i Maestri cerchino di giustificare il povero Lot. Ma anche no. C’è chi dice che l’ospitalità nel Vicino Oriente era sacra, e Lot si comporta di conseguenza (Pirke’ deRabbì Eliezer). Qualcuno sostiene che, in fin dei conti, le figlie non godevano di grande stima nei valori di quel mondo. Chi ha una figlia sa che le cose, per fortuna, sono cambiate! Qualcun altro, e non fra i minori, afferma che Lot era un malvagio (Ramban). E c’è anche chi afferma che Lot intenda solo guadagnare tempo (Abrabanel). O forse Lot si aspetta che i fidanzati delle figlie si oppongano alla violenza (Sforno). Insomma, la questione è aperta, e i Maestri si arrovellano per risolvere questo enigma che scombussola i nostri valori e la nostra sensibilità.
Poi, arriva Richard Elliott Friedman, un biblista americano di vaglia, neppure ortodosso, che spiega il testo un po’ come lo avrebbe spiegato Umberto Cassuto, ossia con la conoscenza non solo dei commenti proposti dai Maestri della tradizione ma anche con la consapevolezza del contesto storico e antropologico in cui si sviluppa il racconto e la cultura della Bibbia. E dice, Friedman, che quello che sta accadendo fra Lot e la gente di Sodoma è il tipico modello della negoziazione.
Quando Abramo sta per acquistare la tomba per Sara, il venditore gli dice: “Te l’ho data!”, ma non gliel’ha data. Poi Abramo dice: “Io ti ho dato il denaro!”, ma non gliel’ha dato. Poi il venditore dice: “Terra che vale quattrocento shekel d’argento: che sarà mai?”, come se si trattasse di una piccola somma. E invece è una somma ragguardevole. E Abramo dopo la paga senza discutere. Insomma, nella negoziazione si dicono cose in cui non si crede, solo per riuscire a portare a buon fine la transazione. E spesso, per fare effetto su un contraente si esagera un bel po’.
Anche qui, dice Friedman, Lot fa un gesto straordinario, incredibile agli orecchi di chiunque lo ascolti: offre le proprie figlie per salvare gli ospiti. Del resto una negoziazione avverrà anche quando Giacobbe offrirà un dono esagerato al fratello Esaù e questi lo rifiuterà, allora Giacobbe insisterà ed Esaù, alla fine, lo accetterà. Una contrattazione di grande effetto psicologico, esattamente come quella messa in atto da Lot con la gente di Sodoma.
Friedman si inserisce nella tradizione della ricerca e dello studio, e dialoga con i Maestri del passato per aggiungere una sua lettura che tiene conto, oltre che dell’intuizione, anche del contesto culturale in cui si muove l’azione.
Friedman non si appoggia acquiescente all’acquisito, ma spinge in avanti il commento. E mostra una volta di più che non ci si può fidare dell’apparenza. Per capire bisogna scavare, con fatica.
Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia