responsabilità…
Il giudizio particolarmente severo che i Maestri danno di Esaù, in tutta la vicenda che lo pone a confronto con il fratello Giacobbe, appare chiaramente influenzato dall’identificazione di questo personaggio con i popoli e le civiltà considerate idealmente sue eredi e propaggini, che avrebbero incarnato valori diametralmente contrari a quelli del popolo d’Israele, fino a tentare di distruggerlo sottomettendolo con crudele violenza. Con tutto ciò, i Maestri non mancano di cogliere anche nel comportamento di Giacobbe verso il fratello degli aspetti critici, evidenziando, tra le pieghe del racconto, delle azioni che lasciano intravvedere delle responsabilità dello stesso patriarca nell’evoluzione così negativa dei rapporti con Esaù. Il testo della Torah racconta i vari preparativi di riappacificazione, di difesa e di preghiera che Giacobbe predispone prima del temuto incontro con il fratello; ci viene quindi presentata la suddivisone della famiglia in vari accampamenti, al fine di poterla meglio proteggere in caso di attacco armato da parte di Esaù, si accenna in questo contesto alle mogli ed ai figli di Giacobbe, mentre non si parla affatto dove si trovasse in quel frangente Dinà, l’unica figlia femmina del patriarca. Rashì riporta un midrash secondo il quale Giacobbe aveva accuratamente nascosto Dinà, con il proposito di evitarle qualsiasi incontro con Esaù; secondo questa narrazione, il fine di Giacobbe era quello di impedire che Esaù ponesse gli occhi su Dinà, poiché pensava che un eventuale legame che si fosse stabilito tra i due avrebbe avuto un’influenza positiva su Esaù, fino a portarlo a ravvedersi. In quest’ottica, si ipotizza, a quanto pare, che Giacobbe avesse egli stesso maturato un così radicale distacco dal fratello dal non desiderare neppure un suo ravvedimento, giungendo perfino ad ostacolare la possibilità che Esaù potesse cambiare condotta. Per questo comportamento, conclude la spiegazione di Rashì, Giacobbe ebbe una dura punizione, poiché di lì a poco la stessa Dinah avrebbe avuto una sorte drammatica, divenendo oggetto di violenza da parte del principe del paese di Shekhem, in cui la famiglia del patriarca soggiornava. La responsabilità individuata dai Maestri nel comportamento di Giacobbe, per aver forse impedito al fratello di trovare un nuovo e più retto percorso di vita, che avrebbe lasciato spazio ad una storia ben diversa dei popoli da loro discesi, ci illumina sulla profondità e finezza di questa indagine interpretativa e sulla necessità di non sfuggire alla ricerca delle nostre stesse responsabilità anche quando di fronte troviamo comportamenti moralmente ingiustificabili.
Giuseppe Momigliano, rabbino