L’audizione della delegazione UCEI
“Ebrei fuggiti dal mondo arabo,
una vicenda da cui imparare”

Una riflessione a carattere storico sulle persecuzioni subite dagli ebrei nei paesi arabi, con testimonianze in prima persona sulla drammatica esperienza vissuta. E una riflessione sulle iniziative che le istituzioni possono intraprendere sia per meglio far conoscere quelle vicende sia per agire con efficacia e incisività nella gestione dei flussi migratori contemporanei. Queste le due direttrici del confronto avviato oggi al Senato, presso la commissione Affari Esteri, su iniziativa dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Ad intervenire durante l’audizione l’assessore alla Cultura UCEI David Meghnagi, i Consiglieri Victor Magiar e Vittorio Mosseri, Carolina Delburgo in rappresentanza del Comitato ebrei espulsi dall’Egitto (qui il suo intervento). Quattro voci, quattro testimonianze di quel secolare incontro tra mondo ebraico e mondo arabo violentemente sradicato nel secolo scorso. Presente anche Daniel Arbib, assistente per gli affari politici dell’Ambasciata di Israele. Mentre tra i senatori presenti hanno tra gli altri portato un contributo il vicepresidente della commissione Paolo Corsini, Lucio Malan, Luigi Compagna e l’ex ministra Stefania Giannini.
“Vi è una grande necessità di curare le parole malate con cui si racconta il Medio Oriente” ha sottolineato Meghnagi nel suo intervento. “A partire dal falso storico per cui si riconducono tutti i problemi della regione al conflitto israelo-palestinese. Una narrativa ideologica – la sua riflessione – che ha comportato una errata esposizione dei fatti”. Significativo, ha poi osservato l’assessore, che gli ebrei fuggiti dal mondo arabo non si siano mai declinati come profughi, che non ci sia mai stato alcun vittimismo. “E questo – ha spiegato – essenzialmente per due motivi: per delicatezza nei confronti delle vittime della Shoah, ma anche perché hanno preferito concentrarsi sull’idea della ricostruzione”. Due infine le criticità poste all’attenzione dei senatori: il fatto che numerosi concittadini italiani originari di paesi arabi e residenti Israele incontrano enormi difficoltà a iscriversi all’Aire in quanto non sono in grado di produrre il proprio certificato di nascita. Anche se registrati all’anagrafe in Italia, ha spiegato Meghnagi, tali persone non possono inoltre procedere a farsi rilasciare una carta di identità. “È un problema – la sua osservazione – di cui la politica deve farsi carico”.
Da parte di Magiar, testimone come Meghnagi dell’esodo libico, è arrivato l’invito a una lettura sempre più scientifica della vicenda e a un suo inquadramento nel fenomeno generale delle espulsioni. “Stiamo parlando della cacciata di una minoranza, ma forse il termine non è del tutto corretto. Perché – ha affermato – parliamo dello sradicamento di un’identità che fu elemento fondante della Libia per secoli”. Sradicamento da cui molto si può imparare. Perché, come ha spiegato Magiar, “quell’espulsione ha aperto la strada ad altri fenomeni persecutori, come quello nei confronti dei cristiani”. Al riguardo il Consigliere UCEI Ha consegnato ai senatori presenti una tabella dove si fa un raffronto tra la popolazione ebraica e cristiana in determinati paesi arabi dal 1917 ad oggi. Quella ebraica risulta quasi del tutto azzerata, “ma anche quella cristiana va nella stessa direzione”: Ragion per cui è stato doveroso affermare un concetto: “Non ci può essere vera pace senza rispetto delle diverse minoranze che abitano un paese”.
Vittorio Mosseri, che è anche presidente della Comunità di Livorno, ha ricordato la fuga della sua famiglia dall’Egitto ed evidenziato come, dichiarando guerra a Israele nel 1956 e nel 1967, “i paesi arabi hanno dichiarato guerra non solo a un paese ma a intere comunità ebraiche”. Confermando quanto già detto da Meghnagi, Mosseri ha spiegato come, malgrado la condizione di profughi, nonostante fughe precipitose decise in alcuni casi nel giro di poche ore, gli ebrei arrivati dai paesi arabi non abbiamo mai ostentato alcun vittimismo. “La nostra è una storia di integrazione, favorita anche dal concreto aiuto delle comunità ebraiche italiane che ci hanno accolto. Integrazione e integralismo: la differenza linguistica è minima, ma il pericolo è grande se non riusciremo, davanti alla sfide di oggi, a integrare davvero chi sbarca sulle nostre coste. E questo – ha affermato – anche attraverso progetti educativi all’altezza”.

(Nell’immagine, da sinistra a destra, Vittorio Mosseri, Carolina Delburgo, Victor Magiar e David Meghnagi)

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

Di seguito, il testo dell’intervento di Carolina Delburgo, con la proposta di costituire un Memoriale del bene a Brindisi.

Desidero ringraziare il Senato e l’UCEI per avermi invitata oggi dandomi in questa importante se perché mi dà l’opportunità di esporre un sogno che ho da tanti anni.
Mi chiamo Carolina Delburgo e sono una cittadina italiana ebrea nata in Egitto come tutta la mia famiglia che ivi viveva da tante generazioni. Avevo 10 anni quando di notte arrestarono mio padre a casa, e lo prelevarono senza dirci dove lo avrebbero portato. Pochi giorni dopo il Console italiano informò mia madre che aveva tre settimane di tempo per lasciare l’Egitto con noi 2 bambini: mio fratello ed io. Tutto lasciammo al Cairo e nulla ci aspettavamo in Italia. Fummo imbarcati per l’Italia sulla nave greca Achyllèos ed arrivammo a Brindisi all’alba di domenica 29/11/1956.
Con dei pullman, ci portarono nella ex Stazione Sanitaria Marittima di Mater Domini di Brindisi. Era un vecchio campo militare della 2a guerra mondale. Era immersa in una grande pineta vicino al mare ed all’aeroporto militare della NATO.
La mia famiglia rimase nella ex Stazione Sanitaria Marittima fino alla fine di dicembre 1956. Mio padre trovò a Napoli un lavoro e successivamente lo trovò anche mamma. Da allora cominciò una vita dura, difficile e piena di peripezie. Tuttavia i miei ce l hanno fatta.
Per anni, il ricordo della ex Stazione Sanitaria è sempre rimasto vivo dentro di me, tanto da andare a cercarlo e trovarlo, incontrando mille difficoltà. Lo rividi e rimasi dispiaciuta nel vederlo degradato con alte erbacce ed in uno stato di grande degrado. Tornata a Bologna grazie ad Internet, scoprii che era il sindaco di Brindisi. Era Domenico Minnitti. Gli scrissi una lunga lettera raccontandogli le nostre vicissitudini e la calda ed affettuosa accoglienza ricevuta dai brindisini. Ebbene, sono stata invitata da lui a partecipare il 29/11/2006 ad un evento, per ricordare i 50 anni dell’arrivo di ebrei italiani cacciati dall’Egitto, ponendo un basso rilievo vicino all’ingresso del campo.
Ora, il mio desiderio è quello di farne un Memoriale del Bene. Il mondo è pieno di Memorie di del Male di stragi, stermini, massacri. Per una volta sarebbe ben bello poter avere un Memoriale che ricordi il Bene e l’Amore.
La memoria non è solo musei, quadri, statue, ma anche quei luoghi intrisi di storia e, per Brindisi, di più di 100 anni di solidarietà verso tutti. Non solo verso ebrei.
Perché non farla conoscere ai giovani? Perché non fare conoscere questa realtà da portare anche ad esempio, alle generazioni future?
Oggi, mi trovo qui, nella sede giusta per chiedere aiuto a voi per realizzare un Memoriale del Bene in quel luogo così caro. Ho già fondato un’associazione onlus “Goccia di latte”, ho già un progetto di massima su cui indire un concorso internazionale. Ora si tratta di prenderlo in considerazione.

Carolina Delburgo

(7 dicembre 2017)