Oltremare – Sport
Una cosa che salta all’occhio quando si gira estensivamente il paese, ovvero fuori dalla tayelet di Tel Aviv e dall’area intorno alla Porta di Jaffa a Gerusalemme, è che in Israele pullulano i negozi di abbigliamento e attrezzature per lo sport. Se si fa mente locale sulla pianeggiante geografia locale, ci si può aspettare che questi negozi vendano tutto quel che serve a ciclisti di ogni sorta, e a nuotatori più o meno professionali. E invece basta entrare e ci si sente come a Cortina, tolti gli sci. Gli israeliani, contro ogni logica come in molte altre manifestazioni della nostra cultura, sono montanari. D’altra parte, se come dice il detto in Polonia sono tutti antisemiti anche adesso che non ci sono più ebrei, non si vede perché l’assenza di montagne possa impedire agli israeliani di avere una passione sfrenata per ogni tipo di alpe, cima, catena di montagne e altitudine. E quindi l’attrezzatura serve, eccome, e la si rispetta come si rispetta ogni attrezzo di lavoro. E la si paga il giusto. Diversamente da Cortina, i venditori nei negozi di sport qui sono poco abbronzati e non hanno i capillari sul naso e sulle guance arrossate, anche perché gli israeliani sanno proteggersi dal sole. Quasi dieci anni fa, durante l’immancabile gita a Masada, col sole a picco e 40 gradi all’ombra e nessuna ombra visibile per chilometri, un compagno di gita accaldato ebbe la sventurata idea di togliersi la maglietta. Apriti cielo, la guida fermò tutta la carovana, intorno ai 50 giovani e meno giovani nuovissimi immigrati, studenti dell’Ulpan Etzion, e ci fece una scenata di un quarto d’ora su quanto è importante coprirsi il torso e la testa per evitare di disidratarsi. Tutto questo sotto il sole di cui sopra, e senza neanche un fuscello sotto il quale ripararsi. Siamo sopravvissuti tutti, compreso il compagno di gita che voleva andare a torso nudo, ed è stato allora che ho capito il perché di tutti quei negozi di sport: se la natura qui è nel suo piccolo estrema, è bene essere estremamente ben attrezzati per frequentarla.
Daniela Fubini, Tel Aviv
(11 dicembre 2017)