Gerusalemme

Tobia Zevi“Chi ama Gerusalemme davvero, e non solo come slogan politico, non ha bisogno che il presidente degli Stati Uniti gli dica che è la capitale d’Israele. È ovvio, che sia la capitale d’Israele. Gli ebrei hanno pregato in direzione di Gerusalemme per i duemila anni di diaspora. Aggiungendo “L’anno prossimo nella Gerusalemme ricostruita”. Senza Gerusalemme, con il profondo anelito che rappresenta, non sarebbe esistita l’immigrazione sionista in Terra d’Israele, non sarebbe esistito uno stato per gli ebrei. Senza Gerusalemme non esisterebbe Tel Aviv.
Ma chi ama davvero Gerusalemme sa anche che la sua esistenza si fonda su un delicatissimo sistema di equilibri e compromessi. Non sono sicuro che Donald Trump se ne renda conto. Non sono sicuro che sappia di cosa parla, quando parla di Gerusalemme.
Gerusalemme può rappresentare l’inizio della risoluzione del conflitto, se ricorderemo che non è solo nostra. E rispetteremo il rapporto intenso e profondo che i credenti delle altre religioni hanno con lei.
Gerusalemme potrebbe anche diventare il fiammifero che innesca l’ordigno esplosivo, se ci crogioleremo nelle dichiarazioni di un presidente americano non particolarmente saggio e dimenticheremo che non lui, ma noi e i nostri figli, dobbiamo vivere da queste parti. E che da queste parti non c’è futuro senza compromessi e senza vedere l’altro. Anche a Gerusalemme”.
Eshkol Nevo (Corriere della Sera, 11 dicembre 2017).

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi

(12 dicembre 2017)