“Un Museo per conoscenza e dialogo”
L’apertura del primo grande edificio del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (Meis), con la mostra “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni”, rappresenta una tappa di notevole rilevanza nella realizzazione del Museo, istituito dal Parlamento della Repubblica con legge 17 aprile 2003, n. 91, modificata con legge 27 dicembre 2006, n. 296.
L’ex carcere di Ferrara, ristrutturato in modo impeccabile per essere adibito alla nuova destinazione d’uso assegnatagli, si appresta pertanto ad assumere, in una sorta di contrappasso, da luogo di segregazione e di esclusione, quale è stato per tutta la durata del Novecento e in particolare negli anni bui del fascismo, il ruolo, quanto mai significativo, di centro di cultura, di ricerca, di didattica, di confronto e dialogo e quindi, in una parola, di inclusione.
Il Meis verrà poi completato entro la fine del 2020, con la costruzione di cinque edifici moderni, connotati da volumi che richiamano i cinque libri della Torah, destinati a ospitare, accanto agli spazi espositivi, anche accoglienza al pubblico, museum shop, biblioteca, archivio, centro di documentazione e catalogazione, auditorium, laboratori didattici, ristorante e caffetteria, dando così vita a un grande complesso museale e culturale.
Decisivo per il raggiungimento di questo importante obiettivo il generoso apporto del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che ha garantito l’intera copertura economica del cantiere, grazie al forte e convinto sostegno del Ministro Dario Franceschini, che fu, oltre tutto, primo firmatario della proposta di legge di istituzione del Museo.
Le finalità istituzionali assegnate al MEIS dalla citata legge prevedono che esso dovrà essere un polo culturale sull’ebraismo, testimoniando in particolare le vicende che caratterizzano la bimillenaria esperienza ebraica in Italia; far conoscere la vita, il pensiero e la cultura dell’ebraismo italiano dalle sue origini al presente, includendo, con un’attenzione speciale, il periodo delle persecuzioni e della Shoah nell’esperienza specifica degli Ebrei italiani; essere un luogo aperto e inclusivo, un laboratorio di idee e di riflessioni che racconti che cosa significa essere una minoranza, stimoli il dibattito sull’ebraismo, sul suo futuro in Italia e sul valore del dialogo e dell’incontro tra culture diverse.
Oggetto della narrazione del Meis, che inizia con la mostra sui primi mille anni, saranno quindi gli oltre due millenni di vitale e ininterrotta presenza degli Ebrei in Italia, con le loro tradizioni e i fondamentali contributi arrecati alla storia e alla cultura del Paese, nonché all’ebraismo nel suo insieme.
Pur essendo una minoranza, il ruolo degli Ebrei è stato, infatti, di primo piano già a partire dall’epoca romana e successivamente nel Rinascimento, per continuare in epoca moderna, nello sviluppo economico di Nord e Centro Italia, e poi nel processo di unificazione nazionale e risorgimentale, fino all’apporto alla produzione letteraria e scientifica del XX secolo. Inoltre, nel corso dei secoli essi hanno contribuito a instaurare numerosi rapporti tra l’Italia, l’Europa e le altre sponde del Mediterraneo. Si può, quindi, sostenere a buon diritto che gli Ebrei rappresentano un riferimento indispensabile per comprendere la storia e la civiltà italiane, tra periodi più sereni di convivenza, con interazioni feconde, e altri, tragici, di persecuzioni e cacciate, culminati nella tragedia della Shoah.
In questa prospettiva, la mostra inaugurale non si pone come una mera esposizione temporanea su un tema particolare, bensì assume il carattere di una vera e propria mostra di prefigurazione del Museo, di cui rappresenterà sostanzialmente, dal punto di vista scientifico ed espositivo, la prima grande sezione. Ad essa è assegnato l’obiettivo di comunicare l’unicità della storia dell’ebraismo italiano, descrivendo – per la prima volta con tale ampiezza – come la presenza ebraica in Italia si sia formata e sviluppata in fasi successive, e come, di generazione in generazione, gli Ebrei d’Italia abbiano costruito la propria peculiare identità, anche rispetto al resto dell’ebraismo.
Una mostra che i curatori Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla hanno inteso realizzare, con la collaborazione per l’allestimento dello Studio Tortelli e Frassoni di Brescia, in modo assolutamente originale, concependola come una rappresentazione di contesti temporali, spaziali, sociali, culturali, attraverso oggetti autentici o riproduzioni, testi scritti, immagini fisse o in movimento, capaci di comunicare ai visitatori l’interpretazione dei primi mille anni della storia degli Ebrei in Italia.
Oltre duecento oggetti, molti dei quali preziosissimi, fra cui venti manoscritti, sette incunaboli e cinquecentine, diciotto documenti medievali, provenienti in gran parte dalla Genizah del Cairo, quarantanove epigrafi di età romana e medievale e centoventuno tra anelli, sigilli, monete, lucerne, amuleti, poco noti o esposti per la prima volta, prestati da numerosi importanti musei italiani e stranieri, segnalano la grande rilevanza che l’iniziativa rivestirà nel panorama culturale del Paese.
Ai curatori e ai loro collaboratori, ai consulenti, ai progettisti, agli studiosi italiani e stranieri autori dei saggi in catalogo, agli esperti di comunicazione, ai prestatori, agli sponsor e a tutti coloro che hanno lavorato a questa complessa ma affascinante operazione insieme al Consiglio di Amministrazione e al Comitato Scientifico, e in stretto coordinamento con il Direttore del Museo Simonetta Della Seta e il suo esiguo, ma efficiente e appassionato, staff, va il più sentito ringraziamento. Non minore riconoscenza è quella che va tributata al Responsabile Unico del procedimento del complesso cantiere dall’inizio dei lavori allo scorso mese di settembre, Carla Di Francesco, oggi Segretario Generale del MiBACT, e a Rita Berton, che ne ha raccolto il testimone e a tutti coloro che ci hanno accompagnato per tutti i lavori con grande impegno e professionalità. Un ringraziamento sincero e non formale va rivolto inoltre a coloro che sono stati i protagonisti della prima parte della storia del MEIS, e profonda gratitudine va espressa al Comune di Ferrara e alla Regione Emilia-Romagna. Con la Comunità Ebraica di Ferrara, con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e con il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano il costante dialogo e la stretta collaborazione hanno creato una forte e proficua sinergia, di cui va dato grato riconoscimento. Solo grazie a questo sforzo davvero corale il MEIS ha potuto raggiungere questo primo, importante traguardo e potrà affrontare la non semplice s da del completamento del complesso, ambizioso, ma irrinunciabile, progetto, nel momento in cui il dialogo tra le molteplici componenti della società del nostro Paese rappresenta più che mai un obiettivo fondamentale da perseguire con tenacia e lungimiranza.
Dario Disegni, Presidente del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS)