Al di là dell’Occidente
Spesso pare che molti amino e difendano Israele perché la considerano la “frontiera dell’Occidente”.
Mi piacerebbe allora capire meglio cos’è l’Occidente e dove comincia e dove finisce, senza interpellare supposte e antistoriche “radici giudaico-cristiane”, perché basterebbe girare Venezia o Palermo per comprendere che l’Occidente è nella sua essenza un luogo di scambio, incontro e scontro, o perché la Lucera del XIII secolo era musulmana e ebraica quanto Amman, e nell’alto medioevo era forse preferibile vivere a Cordoba che a Roma o Parigi, così come nel 1939 a Casablanca o a Kabul diversamente da Stoccarda – sebbene, bisogna ripeterlo, il mondo islamico non sia mai stato completamente esente dall’antisemitismo, al pari di quello cristiano -. E il concetto di frontiera, mi ricorda troppo le torri di vedetta e il filo spinato o la barriera di ghiaccio di Game of Thrones dove oltre vi abitano gli estranei e i bruti, ma non è che all’interno dei sette regni vi sia molta più democrazia e “civiltà”. Sarò cieco, se affermo che camminando per Gerusalemme non si vedono frontiere ma solo porte, difficile trovare altre città dove l’est e l’ovest perdono completamente di senso: si può passare da quartiere arabi a quelli ebraici e cristiani senza neppure accorgersene, e il mercato di Mahane Yehouda non è poi così diverso dal suq di Tunisi o dal bazar di Izmir, ma forse potrei dire lo stesso anche del Mercato delle Vettovaglie di Livorno, del Modiano di Salonicco o della Boqueria di Barcellona, trovando difficile percepire le stesse atmosfere a Londra o Monaco di Baviera. Seguendo poi questi termini arbitrari non so come un ebreo di tradizione yemenita o marocchina possa essere assimilato a uno yuppie di New York, o l’arabo di Nazaret e quello armeno di Teheran nonostante la loro cristianità possano sentirsi tanto “occidentali”. Il Ba’athismo e il nazionalismo palestinese in chiave laica, sono stati molto spesso introdotti più da esponenti cristiani come Michel Aflaq, Edward Said o George Habash, che da musulmani. Questo per sottolineare come i confini siano molto più labili di quanto si creda e come dividere nuovamente il mondo in due blocchi fittizi non porti altro che a intensificare i conflitti. Soprattutto mi piacerebbe sentire parlare di Israele non come l’ennesima frontiera, ma come un paese che è al di là dell’Occidente e dell’Oriente, che non è né l’uno né l’altro o è entrambe le cose, o che se proprio si vuole parlare per punti cardinali è il luogo dove l’Occidente e l’Oriente si incontrano. Un luogo che a causa di questa caratteristica ha infinite potenzialità, dove l’amore per esso non può sorvolare da questo presupposto.
Francesco Moises Bassano