Vittorio Emanuele III, salma in Italia
Gli storici a confronto
“Bisogna che una volta per tutte le dispute interne a Casa Savoia restino confinate nelle riviste di gossip, cui molto hanno dato da lavorare in questi anni. Anche il Grande Fratello, sul versante televisivo, potrebbe essere uno spazio di confronto adeguato…”.
Anna Foa, storica e tra le curatrici dell’allestimento sui primi mille anni di vita ebraica in Italia in esposizione al Meis di Ferrara, la butta sull’ironia. “Il trasferimento di questa salma, contrapposizioni familiari annesse, non mi appassiona più di tanto. Sarebbe stato meglio si svolgesse con meno clamore mediatico, poco ma sicuro, ma non vedo un grande pericolo all’orizzonte per il nostro paese. Anche perché la linea del Quirinale è stata di assoluta fermezza: niente Pantheon, per evidenti responsabilità storiche del sovrano durante il Ventennio”.
Molto improbabile, prosegue Foa, che il nuovo luogo di sepoltura possa diventare teatro di adunate nostalgiche. “A differenza dei neofascisti, una minaccia sempre più reale e significativa, i monarchici oggi appartengono soltanto alla sfera del folklore. Non darei per questo troppo peso a quanto sta avvenendo in queste ore”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Gadi Luzzatto Voghera, storico e direttore della Fondazione Cdec di Milano. “La mia riflessione, molto breve, è che la vicenda di Vittorio Emanuele III sovrano d’Italia esula dalla vicenda del suo corpo. Questo non è affare che ci riguarda, ma è di competenza della sua litigiosa discendenza. Personalmente – afferma Luzzatto Voghera – per me non ha alcun interesse”. Tenendo fermo comunque un punto: e cioè il fatto che, in ragione delle sue responsabilità, “il Pantheon non potrà mai essere il luogo deputato ad accoglierlo”.
Per Marcello Pezzetti, curatore della mostra sulle Leggi del ’38 inaugurata in ottobre alla Fondazione Museo della Shoah di Roma, quello che sta accadendo è la controprova “che in Italia non c’è stata presa di coscienza del passato”. Una presa di coscienza che altrove è invece avvenuta approfonditamente: “In Germania innanzitutto, e in misura minore anche in Francia, mentre vediamo che in Austria viene abortita proprio in queste ore. In Italia invece non è mai iniziata”. Pezzetti riflette attorno a una domanda: quanti oggi, soprattutto tra i giovani, sono a conoscenza delle colpe del re? “Quasi nessuno” si risponde da solo lo storico. Eppure i documenti parlano chiaro. Come quelli conservati alla mostra in corso alla Casina dei Vallati. Tra cui il documento, firmato dal re, che diede avvio alla stagione persecutoria degli ebrei italiani.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(17 dicembre 2017)