Austria, l’ultradestra nel governo
“Kurz sia argine al populismo”

Israele e il mondo ebraico internazionale guardano con attenzione – e con un misto di prudenza e preoccupazione – a quanto accade in Austria, dove il trentunenne Sebastian Kurz, leader del Partito popolare (ÖVP), ha deciso di formare il governo assieme all’estrema destra del Partito della Libertà Austriaco (FPÖ) di Heinz-Christian Strache. Dopo 17 anni quindi, il populismo xenofobo del FPÖ fondato da Jörg Haider, torna alla ribalta e ad avere un ruolo di governo. Con Haider l’avventura nell’esecutivo austriaco durò poco e portò l’Unione europea a imporre sanzioni diplomatiche all’Austria; mentre Israele decise di ritirare il suo ambasciatore e dichiarò Haider “persona non grata”. Oggi le reazioni non sono così dure ma la preoccupazione rimane: dal ministero degli Esteri israeliano fanno sapere che con il Premier Kurtz continuerà la collaborazione mentre Gerusalemme boicotterà i ministri dell’ultradestra del FPÖ – Esteri, Difesa e Interni – mantenendo per il momento contatti solo con i livelli professionali dei ministeri stessi. “È estremamente inquietante che, nonostante le molte preoccupazioni reali note ed espresse in merito al FPÖ, questi abbia ora una posizione di grande influenza, dando al governo austriaco una spinta reale e ancor più forte verso destra”., il commento preoccupato del World Jewish Congress e del suo presidente Ronald Lauder, già ambasciatore Usa in Austria. “Kurz è un uomo capace, – la dichiarazione di Lauder dopo l’annuncio del nuovo governo FPÖ-ÖV- che ha mostrato atteggiamenti molto positivi nei confronti di Israele e del popolo ebraico, e gli auguro buona fortuna come cancelliere per portare l’Austria a grandi successi. Spero inoltre che si adopererà al massimo per garantire che le politiche del suo governo continuino a seguire una linea democratica e non si dissolvano in un pericoloso populismo”.
L’Austria dunque ha di nuovo aperto le sue porte alla destra estrema seppur il suo leader, il citato Heinz-Christian Strache, abbia cercato di ammorbidire l’immagine di neo-nazista (legata ad Haider, più volte accostato a nazisti e antisemiti), puntando soprattutto sulla paura degli immigrati provenienti dai Balcani e dell’Islam, come ricordava il Guardian in un editoriale. Sia Kurz sia Strache, spiegava il quotidiano britannico, hanno parlato a quella parte di società austriaca che si sente ancora “l’ultima linea di difesa della cristianità dall’Islam, come era ai tempi dell’assedio turco di Vienna del 1683”. Oggi, come al tempo di Haider, in una parte degli austriaci è riaffiorata in modo chiaro la paura dello straniero, che ha anche risvolti economici. “Molti elettori austriaci – spiegava a Pagine Ebraiche (Novembre) Gabriel Foguel, viennese, membro della Comunità ebraica locale e analista economico per Fitch Ratings a New York – hanno paura che i nuovi immigrati pesino sul sistema del Welfare del paese. Se in alcuni Paesi la minaccia è che ‘gli stranieri rubano il lavoro’, da noi è che ‘metteranno in crisi lo Stato sociale’”.
“In più – proseguiva Foguel – il mondo musulmano, in particolare sulla base dell’esperienza della migrazione turca, è un altro dei fattori che ha aiutato il risultato di Strache così come quello di Kurz”. La Comunità turca – che conta tra le 200mila e le 300mila persone – ha in effetti molte difficoltà di integrazione: già nel 2007 lo studioso tedesco di migrazioni Fabian Georgi spiegava che in Austria le nuove minoranze subiscono da un lato pressioni per essere assimilate ma dall’altro, a causa dell’ostilità della società austriaca nei loro confronti, si trovano in una forma di segregazione sociale strutturale e di esclusione politica. “Di conseguenza, – sottolineava Johan Wets, un altro studioso che ha condotto una ricerca dedicata alla minoranza turca in Belgio e Austria – questi gruppi, compresi i turchi, rimangono emarginati e segregati, e persino i discendenti di terza generazione in Austria tendono ad avere tassi di disoccupazione più elevati, salari più bassi, meno istruzione e condizioni abitative meno favorevoli rispetto a quelle della società di accoglienza austriaca”. A questa fattore, si aggiunge, sull’altro versante, la chiusura di queste comunità all’integrazione e il problema dell’Islam politico, denunciato più volte da Kurz. Un problema reale, come emerge da uno studio condotto da Lorenzo Vidino, esperto di terrorismo dell’Ispi e della George Washington University, proprio per il governo di Vienna e commissionato dallo stesso Kurz un anno e mezzo fa. “I Fratelli Musulmani, nonostante non siano la maggioranza in Austria – spiegava Vidino a Pagine Ebraiche – hanno il controllo quasi monopolistico dei finanziamenti statali per il mondo islamico. Si presentano come una realtà moderata, cosa che non sono, e hanno una rete capace di influenzare tutti i settori della società”. Per anni, sottolineava Vidino, il governo centrale ha chiuso gli occhi davanti a questa situazione e ora cerca di trovare una soluzione. Discorso analogo si può fare sul versante della xenofobia: l’Austria ha chiuso per anni gli occhi davanti alle sue paure, nonostante quanto accaduto con Haider, e ora assiste preoccupata al successo dell’estremismo di destra.

Daniel Reichel