…condiscendenza

Su Vittorio Emanuele III, il re minuscolo in tutti i sensi, superflua ogni ulteriore parola. Ha già detto tutto con tempestività e in modo esauriente Noemi Di Segni, Presidente dell’UCEI.
Si è invece costretti a una ennesima riflessione sul clima che si sta pian piano instaurando. Pian piano, ma con determinata costanza.
Si è sfaldata la sicurezza sul valore della memoria. Si è insinuato che la memoria avesse una valenza vendicativa. Si è detto e scritto a ripetizione che bisogna superare la memoria in favore della riconciliazione nazionale. Si è insistito a dire che le memorie sono diverse – e questo è vero – ma le memorie sono state messe in contrapposizione, per annullare la memoria della Resistenza con la memoria nefanda del fascismo repubblichino e dei suoi crimini. E si sono allora scoperti i crimini di delinquenti appartenenti alla Resistenza. Ci si è scordati di vedere la differenza fra la criminalità episodica di singoli delinquenti e la criminalità ideologica e strategica della politica fascista. È stato attivato un equalizzatore per appiattire tutte le voci, portandole tutte allo stesso livello, dando a tutte lo stesso valore. Una corsa frenetica verso il qualunquismo. La politica ha dato una mano seria all’operazione, in modo consapevole o meno, ma in modo determinante. Era facile, a questo punto, affermare che, ormai, non c’era più destra né sinistra. Via le ideologie, e via anche le idee. Restava spazio solo per la realtà materiale, quella del quotidiano, magari fatta di ipocrisia e di notizie falsate. Lo spazio politico è stato preso dalla politica populista, che chiamarla politica suona onore sin troppo grande.
Se non c’è più destra e non c’è più sinistra, allora è giusto dare fiducia a Forza Nuova e a Casa Pound, e invitarli a dire la loro alle trasmissioni televisive, giusto dare loro un palcoscenico e un megafono. Giusto dare loro credibilità visto che si presentano in doppio petto, da antico costume dei loro padri, dopo aver lasciato a casa, per ora, manganello e olio di ricino. Gente che non si perita, tuttavia, di impegnarsi in operazioni ‘sociali’, irrompendo nelle sedi di chi aiuta gli emigranti e organizzando peraltro assistenza a favore di diseredati ‘nazionali’ per aumentare il solco della divisione sociale. Lo squadrismo, mentale e di fatto, rimane il loro abito politico.
Ma il problema non sono i fascisti. Il problema siamo noi che accettiamo con condiscendenza il risorgere del fascismo, malgrado i segnali quotidiani che ogni giorno ci consegna chiari. E la sepoltura del re minuscolo è solo un altro di questi segnali, arrivato al momento giusto, come se tutto il resto fosse stata un’unica grande strategia preparatoria. Ora tutto è possibile. Ora possiamo aspettarci di tutto senza più alcuna necessità di sorprenderci.
Qualcuno mi dirà, come di consueto, che non parlo del comunismo di Stalin e di Berlinguer. Potrei scrivere un tema sull’argomento e sull’antisemitismo degli antisionisti. Ma qui il punto è la sicurezza della nostra democrazia, qui e ora. È la sicurezza del nostro essere ebrei, qui in Italia, se il clima è questo e se al governo ci ritroveremo movimenti populisti che questo clima hanno tutto l’interesse di alimentare con intensità crescente. Perché la distruzione degli ideali è la prima condizione perché il populismo possa imporsi portando all’attenzione i valori unici della pancia, quelli con cui ammaliano, e confondono e convincono la gente che li voterà e che, il giorno dopo, sarà costretta a chiedersi perché mai li abbia votati. Ma sarà tardi.
La sepoltura di Vittorio Emanuele III è il segnale deprimente di una disgregazione dei valori fondanti della Repubblica, un riequilibrio dei valori del presente. Riequilibrio insano. Oggi, in triste previsione di tempi bui, mi sento di rivendicare una volta di più il mio essere ebreo, con tutto il significato che questa affermazione ha, per me almeno.

Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia