“Con Vicoforte vicenda chiusa”

rassegnaI discendenti del re Vittorio Emanuele III insistono: la salma del re al Pantheon. Le istituzioni, a tutti i livelli, escludono però in modo categorico questa possibilità. Dal presidente del Senato Pietro Grasso al ministro della Cultura Dario Franceschini, che dice: “La sepoltura a Vicoforte è la chiusura definitiva della vicenda”.
Ha affermato Noemi Di Segni, Presidente UCEI: “Per chi oggi vuole farne un eroe o un martire della Storia, per chi ancora chiede una sua solenne traslazione al Pantheon, non può che esserci una risposta: nessun onore pubblico per chi porta il peso di decisioni che hanno gettato discredito e vergogna su tutto il paese. L’Italia non può e non deve dimenticare”. L’ipotesi di una traslazione al Pantheon è vista come uno “scempio” anche dalla presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello. Che ieri, al termine della presentazione dei lavori di restauro al Portico d’Ottavia (ad essere interessata l’area di Sant’Angelo in Pescheria), ha ricordato come il Pantheon sia anche un luogo “vicino a quello della deportazione di tanti ebrei italiani”.
Sul Corriere, il quirinalista Marzio Breda scrive che “mai, durante le trattative, è stato evocato il Pantheon come sede della tumulazione”. Se Mattarella ha ritenuto di pronunciarsi favorevolmente, ma escludendo pubblici onori e revisioni storiche sulle responsabilità del sovrano con il fascismo, si legge ancora, “è stato solo per una questione di pietas”.
Tra i quotidiani, che ancora oggi molto parlano della vicenda, spicca per originalità Il Tempo: “I radical chic dell’ultima ora verranno rimandati in storia, visto che la principessa Mafalda, figlia di Vittorio Emanuele, mori anche lei in un campo di concentramento a Buchenwald come deportata”. Le polemiche di queste ore, per Il Tempo, sarebbero dunque “surreali”.
A proposito del Portico d’Ottavia, che fu scenario di una delle pagine più nere della violenza nazifascista in Italia. Per Repubblica, il restauro completato “riporta all’attenzione di tutta la città una delle sue zone più affascinanti, più cariche di storia e di dolore”. Un luogo che, viene spiegato, “ha mantenuto, soffrendo e sperando, una sua precisa identità, una sua severa dolcezza”.

Su La Stampa una drammatica intervista alla moglie del ricercatore condannato a morte in Iran perché accusato di essere una spia del Mossad. Afferma la donna: “La confessione è stata estorta, non è sincera e si capisce. Il filmato è stato girato un anno fa: allora mio marito è stato tre mesi in isolamento, senza parlare con nessuno, in una cella di pochi metri. Veniva minacciato, gli avevano detto che avrebbero fatto del male ai nostri figli se non avesse ammesso le sue colpe”.

Nel giorno del giuramento del nuovo governo austriaco, segnala La Stampa, significativa tra le altre la reazione del governo israeliano. Gerusalemme infatti boicotterà i ministri dell’ultradestra – Esteri, Difesa e Interni – mantenendo per il momento contatti solo con i livelli professionali dei ministeri stessi.

Intervistato dal Giornale, l’ambasciatore israeliano Ofer Sachs afferma: “Le posizioni dell’Europa dimostrano l’incapacità di adattarsi al corso degli eventi. Sembrano non capire che la dichiarazione di Trump non pregiudica alcuna trattativa futura. Dice soltanto che non puoi separare Gerusalemme da Israele. È una verità molto concreta e gli stessi paesi europei la riconoscono implicitamente visto che le loro ambasciate hanno rapporti quotidiani con le istituzioni di Israele situate a Gerusalemme”.

“Il regime segregazionista sudafricano fondava la propria politica di separazione tra neri e bianchi su una differenziazione di carattere ontologico razzista. Nulla del genere esiste in Israele, una società multietnica e multireligiosa”. È quanto si legge sul Foglio, in risposta ad alcune recenti affermazioni di Massimo D’Alema secondo cui Israele sarebbe a rischio apartheid.

Assolto dall’accusa di avere offeso consapevolmente i fedeli musulmani l’ex direttore di Libero Maurizio Belpietro, che sulla prima pagina, all’indomani degli attentati del novembre 2015 a Parigi, titolò “Bastardi islamici”. Esulta Renato Farina, che oggi sullo stesso quotidiano scrive: “L’Italia per ora non è un Paese dove si applica la sharia”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(19 dicembre 2017)