dialogo…
Durante tutti gli otto giorni di Chanukkah, per analogia con l’evento della riconsacrazione del Santuario di Gerusalemme cui è dedicata la festa, ha luogo la lettura liturgica della Torah, con un brano tratto dal Libro dei Numeri (6,22 – 8,4) che descrive le offerte presentate dalle dodici tribù d’Israele, in occasione dell’inaugurazione dell’altare, nel Mishkan, il Santuario mobile eretto nel deserto. L’ultimo giorno della festa, la lettura si conclude con un passo riguardante l’accensione della Menorah, il candelabro a sette bracci che ardeva nel Santuario. La descrizione della Menorah, di non semplice interpretazione, è particolarmente incentrata sulle modalità di accensione dei sette lumi: questi dovevano essere disposti in modo tale che la luce emanata dai sei lumi laterali fosse chiaramente orientata verso quello centrale il quale, a sua volta, secondo la spiegazione che ne dà Maimonide, era rivolto verso la parte più santa dove si trovava l’Aron, l’Arca Santa contenente le Tavole del Patto, rappresentanti la Torah. Diverse interpretazioni si soffermano sul significato simbolico rappresentato da questi lumi; R. Nafltalì Zevi Yeudà Berlin (1816-1893), nel suo commentario “Haamek Davar” (nell’interpretazione di un passo del Libro dell’Esodo dedicato alla realizzazione della Menorah) spiega che i sette bracci della Menorà rappresentano i diversi campi della sapienza e della scienza dell’uomo, che devono trovare la loro definizione attraverso un essenziale e necessario riferimento alla Torah ma al tempo stabilire con questa un rapporto di reciproco arricchimento: “La Torah necessita, per essere interpretata, dei diversi campi della sapienza, qui simboleggiati dai bracci della Menorah, i calici del candelabro (contenenti l’olio che alimentava i lumi) rappresentano la linfa che la Torah fornisce ai diversi campi della sapienza mentre questi, a loro volta, arricchiscono l’intelletto rendendolo atto a conoscere e comprendere le parti più complesse della parola divina”. In sostanza la Menorah viene interpretata come simbolo di un rapporto positivo e costruttivo tra due ambiti certamente distinti, la razionalità e la fede, la ricerca alimentata dalla parola di D.O e quella stimolata dall’intelletto, percorsi che tuttavia, in questa prospettiva, trovano entrambi, in un rapporto di dialogo la loro più ampia e autentica realizzazione.
Giuseppe Momigliano, rabbino
(20 dicembre 2017)